AI MIEI FIGLI

Come inizia questa meravigliosa avventura?
Ho lavorato duro ed anzi in termini personali, quest'opera forse mi è costata tantissimo, però sentivo il bisogno di farlo, ossia ricercare tra milioni di scartoffie le origini del paese nel quale sono cresciuto che ho amato e che, dopo ho lasciato per motivi di lavoro. Tutto nacque un giorno, anzi una sera, mentre mi trovavo a cena con Monsignor Giulio Farina nel 2002 quando gli spiegai che quasi per gioco, avevo iniziato una semplice ricerca tra gli archivi del Comune di Piana di Monte Verna i quali vi assicuro sono ricchi di carteggi e pergamene interessanti per l’epoca, cioè l’800. Il Parroco mi esortò, anzi mi incitò a continuare e io mi feci trascinare in quella che oggi considero una meravigliosa avventura - iniziata e terminata -. Giuro, osservare il paese, Piana di Monte Verna, senza conoscerne la storia, se ne resta attratti. Osservarlo dopo sei anni che di ogni pietra sai chi l’ha apposta nei secoli, chi ne è stato attento progettista e soprattutto chi ha calcato le strade allora sterrate del Comune “La Piana” prima, poi del Comune Riunito “Piana e Villa Santa Croce” poi e ancora del Comune “Piana di Caiazzo” per arrivare infine al Comune “Piana di Monte Verna”, è una sensazione che appaga (almeno per chi ama le proprie radici). Questo meraviglioso racconto non è farina del mio sacco, bensì un’accurata lettura di tante pergamene, documenti, carteggi ufficiali e non, custoditi presso gli Archivi di Stato di Caserta e Napoli e presso la Casa Comunale di Piana di Monte Verna, benché nel 2003 mi recai anche a Firenze e dopo sette giorni di attesa riuscì ad entrare in possesso di copie di documenti che sono negli archivi di famiglie nobili fiorentine le quali un tempo erano proprietarie (feudatari) di Caiazzo e della sua Piana. Concludo, rubando solo pochi altri attimi al lettore, pregiandomi di ringraziare Nicola Santacroce, storico caiatino che con il suo libro “I Sindaci del Comune di Caiazzo” ha aperto un fronte e soprattutto è stato di grosso aiuto. Ringrazio il Docente Geppino Buonomo, che con il suo libro “Piana Ieri e Oggi” mi ha illuminato. Ringrazio Luca Pannone al quale ho rotto l’anima per ore e ore facendomi raccontare tutte le storie di rinvenimenti artistici, indirizzi di siti storici e quant’altro, ma soprattutto avvenimenti che hanno visto Piana protagonista. Infine ringrazio mia madre, perché fin da piccoli io e mio fratello la torturavamo al fine di farci raccontare fatti e “fattarielli” di Piana di Monte Verna. Vi giuro ogni qualvolta rinvenivo un documento o una pergamena, quei fatti e fattarielli venivano meravigliosamente a galla! Anche a lei questa fatica immane è dedicata. Non posso non menzionare la compianta e mai dimenticata Angelina Mastroianni, mia seconda madre e insegnante alle Scuole Elementari alla quale sono tuttora legato profondamente.
P.S.: QUESTO LAVORO RESTERA' APERTO IN MANIERA PERMANENTE VISTO CHE IN OGNI CASO E' SEMPRE PERFETTIBILE, COME OGNI OPERA AL QUALE L'ESSERE UMANO DEDICA UN PERIODO IMPORTANTE DELLA SUA VITA! ANZI CONFIDIAMO DI AVER "SOLLETICATO" IN QUALCHE MODO LA FANTASIA DI TANTE PERSONE CHE AMANO IL PROPRIO PAESE. QUINDI, CHIUNQUE SE LO RITIENE OPPORTUNO, PUO' INVIARE ULTERIORI NOTIZIE, FOTO E QUANT'ALTRO UTILE PER AMPLIARE QUESTA FANTASTICA STORIA... LA STORIA DI PIANA DI MONTE VERNA!

1799 La Repubblica Napoletana! Inizia la rivoluzione che porterà alla nascita dei Comuni...Tra cui anche quelli di Piana e Villa Santa Croce...


La svolta avviene con l’ascesa al trono di Carlo di Borbone, il quale attua una riforma nell’apparato dello stato che non si era mai registrata in precedenza.
Venne abolito il Consiglio Collaterale e in luogo di esso viene istituita la Regia Camera di S. Chiara. Fu istituito il Consiglio di Stato, venne creata un’ampia prammatica sui tribunali, fu creato il Supremo Magistrato del Commercio e dei Consolati di terra e del mare e avviata la riforma della struttura del Governo con il sistema ministeriale moderno. Inoltre non bisogna dimenticare il concordato del 1741, che sancì un principio mai violato nella storia recente, ovvero che anche i beni ecclesiastici fossero soggetti al pagamento delle imposte.
I Borbone inauguravano un’ epoca di riforme, gettando le basi per uno Stato amministrativo e centralizzato, anche se intellettuali napoletani come Giuseppe Maria Galanti, reclamavano per i progressi fatti un’unica nazione ed una costituzione.
Oltre al Galanti, anche Gaetano Filangieri, Antonio Genovesi, Melchiorre Delfico avanzavano detta necessità, ed anzi la pietra miliare per apportare significativi miglioramenti alla Società civile era di abolire la feudalità, in quanto era una condizione che secondo il Galanti era più accentuata in questo regno che altrove.
Comunque più che i Borbone, poterono la dominazione francese, sebbene di breve durata.
Infatti fu determinante per la trasformazione giuridica e civile del Regno di Napoli, poiché avvenne finalmente, l’abolizione della feudalità.
Giuseppe Napoleone con la Legge nr. 130 del 02 Agosto 1806, abolisce formalmente la feudalità, fu uno dei primi passi mossi dal nuovo Re di Napoli, divenutovi da soli 5 mesi ( 30 Marzo 1806 ) esclusa la Sicilia, nella quale la feudalità venne abolita da Ferdinando con decreto nr. 910 in data 02.06.1813.
Venne data un’importanza immediata alle Università, in quanto riconosciute come enti autonomi, con la possibilità di essere governate secondo una legge comune, la nr. 211 del 18.10.1806, anche sé nei primi due anni dopo l’abolizione della feudalità, oltre al sindaco abbiamo come rappresentante del governo cittadino anche due alte magistrature ( carte amministrative 1741 -1810 ) ovvero quella del Governatore Francesco Paolella e quella del Luogotenente della Regia Corte detenuta da Nicola Perillo, i quali non avevano solo poteri nel circondario di Caiazzo , ma anche in altri [1].
Ma come si arriva a tutto ciò ? E soprattutto chi e cosa diede l’input per tutti questi cambiamenti? Per dare un’idea, di come si evolsero i fatti, basta dare un’ occhiata al Diario Napoletano qui di seguito riportato, di alcuni importanti eventi occorsi nel 1799.
Grandi avvenimenti animavano la nostra terra, partendo dalla Capitale del regno, appunto Napoli in gran fermento, per finire ad espandersi per tutto il territorio da essa dominata. Carlo De Nicola, con la sua opera precitata, il diario napoletano del 1799, ci spiega quanto aspra era la lotta per il potere e gli interessi nel Regno delle due Sicilie. Il racconto così com’è, non è stato modificato in nessuna parte di esso, comprese le note che sono da attribuire tutte all’autore. Ad un certo punto del racconto, si può ben notare che anche Piana nel suo territorio vide delle scaramucce che contrapponevano gli schieramenti francesi contro gli spagnoli.



Diario Napoletano


“Addì primo del 1799. Si comincia a dire che la Spagna prenderà la protezione del nostro Regno, e che siasi per fissare un armistizio di tre mesi, essendo per tal oggetto partiti i deputati coi quali si è accompagnato il ministro Cisalpino. La costernazione nella città è così grande che viene abbandonata dai due primi ordini di cavalieri e galantuomini, i quali si sono ritirati nelle sue vicinanze, e quest'oggi anche colla mia famiglia mi sono ritirato in campagna nella villa di Antignano.
Addì 2. I deputati della Città si sono portati da Pignatelli, e gli hanno fatta richiesta delle castella, Pignatelli le ha negate, ma la città è sicura che di questo non possa aversi timore, gli ha presentato il piano della milizia urbana, ed ha chieste le armi per la stessa; Pignatelli ha trattenuto il piano per osservarlo. Gaeta è in mano dei Francesi, che vi sono entrati senza rumore. Pignatelli ha mandato chiamando i capi del popolo, gli ha detto che a niente si movessero, perché occorrendo si sarebbe posto esso alla loro testa per marciare; e come vi era chi andava sollevando il popolo, così questi sono stati imbarcati. Come pure Pignatelli stesso ha mandato via d. Pasquale Bosco, incaricato della Giunta di Stato, e sopraintendente delle guardie di polizia, e due o tre altri aiutanti suoi. E' partito d. Andrea Pignatelli di Cerchiara per andare a trattare con Championnet generale in capite ch'è in Roma, si dice avea incontrato per via un uffiziale francese che veniva a trattare col nostro generale Mack, si unì con quello e andò a Roma, donde è ritornato questa mattina con un piego per Pignatelli, ha conferito con costui, ed è ripartito.
Addì 3. Le notizie che siasi in trattato coi Francesi continuano, sia per un armistizio, sia per pace. Il popolo è quieto, e son cessati coloro che lo andavano incitando; di questo si occupa la deputazione di Città, la quale nel fare il piano della truppa civica fu anche in dissenso, perché il duca di s. Demetrio voleva organizzarla come corpo militare da poter anche uscire in campagna, ma gli altri si opposero, cosicché fu formato il piano per la sola custodia della città. Si dice che Capua stia capitolando, come si dice pure che sia evacuata dai nostri, la più certa è che stia in trattato, e forse entreranno in Napoli le truppe francesi colle nostre alla testa.
Sino a questo punto non ho creduto dover avvertire che tutta la rovina della nostra armata sia dipesa da difetto del comando. Le truppe sono arrivate a stare sino a tre giorni digiune, così digiune, scalze, e nude, il generale de Mack volle che marciassero ad attaccare il nemico. Il Re stesso, la piana maggiore, la Segreteria si trovarono nella marcia, senz'aver che mangiare; anche si dice che a Capua, dopo esser state due giorni digiune le milizie, il terzo giorno non ebbero che un quarto di pane di munizione a soldato.
Da ieri in qua due editti si sono publicati, uno col quale si dispensano le pene comminate a coloro che occultassero argento, purché lo portino alla zecca, ove gli sarà pagato a contanti. Il secondo col quale s'incitano i cocchieri, galessieri, ed altri a venire pel trasporto dell'artiglieria.
Addì 4. Questa mattina si è avuta la notizia che segue. Si presentarono ieri le truppe francesi sotto Capua ad intimargli la resa. Gli uscì incontro il principe di Moliterno, figlio primogenito del principe di Marsico, che nella guerra di Lombardia tre anni sono anche si distinse, avendo perduto un occhio toltogli da una palla di moschetto, e gli disse che le chiavi della città erano nella bocca dei cannoni, e ch'egli non avrebbe resa la piazza fino che avesse sangue nelle vene.
Si ritirarono dunque gli araldi, e sì accinsero le truppe all'attacco. Moliterno smontò da cavallo, visitò le artiglierie ed animò le sue truppe, si dice che avesse degradati degli ufficiali di artiglieria, perché trovò i cannoni non atti, a far fuoco, rimontò indi a cavallo, si pose alla testa e diede l'attacco che cominciò alle ore 18 e terminò la sera avanzata. I Francesi furono disfatti con esserne rimasti da 2000 sul campo di battaglia, per quanto si dice, e colla prigionia di più uffiziali. Questa è la prima azione in cui siasi fatto davveramente sino a questo punto. Un esercito di 80 mila uomini è stato disperso senza combattere. Non si sa se il generale de Mack abbia avuta o no parte in questa azione, vi è chi dice di sì; ma vi è chi dice ch'egli fu di sentimento di rendere la piazza, e che Moliterno avesse detto, la piazza essere a lui consegnata, ed egli doverne dar conto, cosicché non riconosceva superiore. Fino ora è equivoca ancora la fama di quel generale, al quale i più attribuiscono le disgrazie del nostro esercito, essendo un pazzo senza talenti, e senza esperienza; e se è vero che tutto sia stato un complotto per sagrificare il Re, anche costui deve essere di tal complotto.
Nella capitale vi è stato qualche disordine. I soldati di un regimento acquartierato al borgo di Loreto, avendo avuto questa notte l'ordine di marciare, si avvidero di avere i cartucci con arena invece di polvere da sparo, però si rivoltarono contro gli uffiziali, e ne ammazzarono due per quanto corre voce. Io noto le notizie, come corrono, mi riserbo verificarle per quanto posso.
Addì 5. La notizia di Capua si è verificata. Dei nostri ne morirono 300; dei Francesi settecento tra morti e feriti, e 300 prigionieri. Anche Gaeta si dice ripigliata, ma la notizia non è sicura ancora. Per quello che dicesi la guarnigione francese non era che di 300, e venne tutta massacrata. Il fatto del borgo di Loreto de' soldati da me riferito di sopra non è vero; altro non fu se non che una partita di disertori che si battette con quel regimento, tutto il dippiú fu alterazione. Si è posta in piedi la milizia urbana tutta composta di maestranze comandate per turno da un nobile, un benestante, ed un professore legale: hanno le armi di munizione, ma non bastando, si è ordinato con editto la requisizione delle armi, chi ha le proprie le porta. Il piano si è formato dalla Città con l'intelligenza del Vicario Pignatelli. Si è ordinato un triduo per le chiese.
Addì 6, Si dicono i seguenti aneddoti dell'azione di Capua, varii e molti, e che io noto tali e quali. Alle ore 16 si presentarono due commissarii, e dicesi anche con le mogli, richiesero del generale de Mack, e si portarono a parlamentare con lui. Poco dopo si vide avanzare la vanguardia francese, il generale de Gambs col colonnello Moliterno fecero sentirli che non si fossero avanzati, ma coloro continuarono la marcia, per cui Gambs e Moliterno si accinsero a respingerli. Moliterno visitar volle le truppe, i fortini e l'artiglieria; e qui si dice che si trovarono dei cannoni, o malamente montati, o carichi di arena, per cui Moliterno volle che si situassero e si caricassero innanzi a lui, anzi egli stesso si pose a pulirli e caricarli. Arrivati a tiro i Francesi, incominciò il fuoco e fu battuta la vanguardia, verso le ore 20 comparve la intera colonna, si dice di 4000 uomini, si attaccò dai nostri, e durò l'attacco fino a sera avanzata colla rotta intera della colonna. Si dice che le fortificazioni ed artiglierie furono rimontate da cittadini Capuani anche donne. Ora si dice che i Francesi abbiano situato il campo poche miglia distante da Capua, che Mack voleva che si attaccasse, ma Gambs si oppose ricordandogli che, per aver voluto fare lo stesso in Apruzzo, erano stati colti in un'imboscata; il simile gli era accaduto ai canneti di Roma, ed a Civitacastellana. Si dice che quest'oggi forse vi sarà un'azione d'importanza.
Si dice pure che sia tornato d. Andrea Pignatelli di Cerchiara colla risposta del generale francese, la quale fu che voleva sapere in nome di chi volesse trattare, se in nome della Nazione, questa avrebbe meritato ogni riguardo, se in nome del Re, questi non doveva sentirsi, perché emigrato; ma non è sicuro quanto scrivo, perché non è notizia verificata.
Il Re si dice che in Palermo abbia fatto un manifesto in cui tratti i Napoletani da felloni, tanta è l'avversione che gli hanno fatto concepire con una popolazione che gli ha dato le più grandi riprove di attaccamento, ed è sicuro che se al ritorno da Roma si fosse egli gittato in braccio alla nazione, come fece in una simile occasione Maria Teresa d'Austria, avrebbe egli lo stesso ottenuto da Napoli, ed il Regno suo non sarebbe in pericolo.
Dicesi pure che in Palermo, ove fu ben ricevuta la famiglia Regale, dovendo tenersi Parlamento, essendosi inteso che il Re voleva intervenirvi, si pose in disputa se si dovesse o no am­mettere, e nella giornata in cui fu convocato il Parlamento, trovandosi S. M. poco bene, volle andarvi la Regina, ma fu ella bene accolta sì, protestandosi per altro i Siciliani, che do­veva prima discutersi il proposto dubbio, e poi si sarebbe am­messa in Parlamento: anche quegli due aneddoti sono da verificarsi.
La popolazione intanto per grazia di Dio è quieta, e concorre moltissimo a conservargli la fiducia che hanno i Napoletani nel santo Protettore, ed il concetto di un servo di Dio il vivente Sacerdote d. Tommaso Fiore, vecchio ottagenario, il quale ha costantemente detto e dice a tutti, che fidassero in Dio, stassero quieti, e non temessero la vicinanza dei Francesi.
La milizia urbana è stata organizzata in questo modo: 14 mila uomini è tutta la truppa civica, la quale deve servire alla sola tranquillità della città senza poter esserne obbligata ad uscir fuori dal distretto, tutta composta di maestranza, divisa in dodici quartieri, ogni due quartieri dipendenti da una delle Piazze nobili. Il quartiere generale è in S. Lorenzo casa della Città, ove siedono gli eletti e deputati che sono alla testa di questa truppa, due nobili e due galantuomini presiedono a tutto il corpo, e per ciascun quartiere anche due nobili e due galantuomini hanno il comando della divisione che girar deve per quel quartiere. La guardia dura 24 ore per ciascuno, e le armi sono di munizione.
Addì 7. Questa mattina si è veduto arrivare in Napoli proveniente da Capua il Principe di Moliterno; ciò ha dato luogo alla voce che Capua avesse capitolato, all'incontro si ha notizia che le cose siano nello stato medesimo dopo l'azione avvenuta.
Addì 8. La voce che Capua avesse capitolato fu falsa. Moliterno si dice essere venuto a Napoli a conferire col Vicario Pignatelli circa la continuazione della difesa di Capua, ove si dice manchino viveri alle truppe. L'azione che si disse, v'è chi la riduce a molto poca cosa, come pure altra piccola azione, si dice, che vi fu ieri dalla via di Caiazzo verso la Piana, casale della Città, tra una pattuglia Napoletana comandata dal duca di Roccaromana con una pattuglia francese, che fu disfatta. Da Napoli dopo il ritorno di d. Andrea Pignatelli colla risposta del Generale francese, son partiti il duca del Gesso della famiglia del Giudice Caracciolo, ed il principe di Migliano della famiglia Loffredo, si crede che vadino a trattare in nome della Città. Vi è chi dice che la notte scorsa si fossero trovati dei manifesti mandati dal Generale francese, colla protesta di venire non per offendere ma per sollevare la Nazione, colla promessa di non offendere alcuno, di mantenere i stessi soldi alle truppe, e di permettere a tutti i soldati della leva forzosa di tornare alle loro famiglie. Si dice pure che l'emigrato nostro, già giudice dell'Ammiragliato, Francesco Mario Pagano, venga colla costituzione per la Republica Vesuviana.
Questa sera verso l'ora una di notte si è veduto un grande incendio, e si è saputo essere le navi rimaste che si sono consegnate alle fiamme lungo la spiaggia di Chiaja, ed è durato una buona parte della notte. Si crede segno della vicina entrata de' Francesi, giacché le disposizioni date dal Governo queste erano per non lasciarle preda de' nemici suoi. L'argento che si porta alla regia zecca credesi che non sia per la monetazione; ma per mandarsi in Sicilia. Siamo in uno stato di violenza tale che non so a che andremo a finire.
Addì 9. Si è avuta notizia dell'azione di Caiazzo. Avvenuta esattamente tra il paese e la sua Piana . Questo posto, per altro di qualche importanza, era stato invaso, fu dunque ripigliato dai nostri, non solo con l'aver respinti e battuti gl'invasori, ma fatti anche varii prigionieri. Posteriormente il duca di Roccaromana comandando lo squadrone del proprio regimento, primo Leopoldo, avvedutosi che si avanzava altra colonna nemica per rientrare in Caiazzo, gli uscì incontro, e la battette interamente facendo prigionieri un colonnello, parecchi uffiziali e moltissimi soldati. Il duca di Roccaromana fu immediatamente promosso al grado di Brigadiere, sta però ferito in una gamba accosto al ginocchio, essendovisi introdotta una palla che non ancora se gli è potuta cacciar via. Quest'oggi sono entrati in Napoli circa 200 prigionieri francesi, portati in mezzo da un corpo volante di volontari armati di mojane, non so quali siano perché la notizia mi è arrivata appena.
Addì 10. Quest'oggi son varie notizie la più parte false. Si è detto preso Benevento da' Francesi, e ritirata la guarnigione che là stava, ma non è stato vero. Si è detto che i Portoghesi, per opera dei quali furono incendiati l'altra sera i legni a mare, avevano tentato ancora d'incendiare l'altra sera la gran fabrica de' Granai al ponte della Maddalena, ma né meno è stato vero, non essendovi stato che un falso allarme per essersi veduti tra­sportare de' soldati feriti scortati dalla truppa, che furono cre­duti Portoghesi. Si è detto essere stato a Caiazzo un secondo fatto di arme con perdita dei nostri, ma non fu altro che un romore nato tra nostri stessi.
Addì 11. Questa mattina son partiti nuovamente i due deputati, duca del Gesso e principe di Migliano per tornare dal generale Championnet, con cui stanno trattando. Si crede che si ottenga l'armistizio di quattro mesi. Questo trattato si sostiene dal solo Pignatelli senza intelligenza della Città. Continuano tra questa e i suoi Eletti i rumori e le discussioni col V icario Pignatelli. Non avendo gli Eletti di Città niuna risposta alle loro richieste, avanzavano ieri l'altro una piena rimostranza, con la quale fra l'altro chiedevano, che la guardia civica montasse di guarnigione nelle castella e custodisse i forti tutti della città d'unito alla guardia militare. Il generale Pignatelli fece dirgli, che non si ingerissero che in quello che solo gli era stato commesso, cioè di sostenere la milizia urbana per la sola tranquillità del popolo. I deputati ed eletti si unirono, e vi fu chi propose, che giacché Pignatelli con danaro teneva il popolo dalla sua parte, dovesse farsi uso dello stesso mezzo per unirlo al Corpo di città; ma non essendosi trovato plausibile tal sentimento, fu risoluto di rinunciarvi interamente. Così si dice aver fatto questa mattina, ed essersi per annunziarlo al publico con manifesti stampati. Chi sa a che andrà a finire questa gara. Le notizie che intanto si dicono, sono che siasi quasi conchiusa la pace generale, che l'Imperatore sia mediatore per noi, e che il Re sia per tornare con 30 mila uomini di truppa levata in massa nell'isola di Sicilia. Si aspetta la colonna di 7mila uomini di truppa Napoletana comandata dal tenente generale Damas. Costui trovandosi impegnato per la Toscana, e non potendo tornare indietro dopo la ritirata delle truppe, si aprì la strada a forza d'armi fino ai Presidii di Toscana, ove si trova. Tre attacchi ha avuti coi Francesi e sempre n'è uscito con vantaggio, sino a far sì che i Francesi chiedessero a lui armistizio. Tanto è vero che tutta la desolazione della nostra armata è dipesa dal cattivo comando di Mack ed altri generali.
Addì 12. Questa mattina si è sparsa voce che i Francesi avessero occupato Capua, voce che ha posto il popolo in allarme, cosicchè si è cominciata a chiudere la gente quieta, e quei del Mercato, Lavinaio ed altri luoghi più popolosi della città, si sono riuniti in truppa e posti in imboscata nei contorni di Capodichino. Si è saputo poi che siasi firmato l'armistizio di due mesi col generale francese. Le condizioni sono per quanto si dice di far montare in Capua e Benevento metà di guarnigione Francese e altra metà Napoletana, e di pagare mezzo milione di ducati in contante.
Questa sera si sono affissi cartelli manoscritti che annunziano l'armistizio, e si son dati a stampare i manifesti avendoli il Vicario Pignatelli mandati per due cavalieri deputati del popolo ritirato sopra Capodichino. La notizia dell'arrivo de' Francesi a Capua ha mosso a rumore i carcerati della G. C. della Vicaria, cosicché vi è corsa la truppa, e si dice che si facesse foco dai carcerati da dentro, e i soldati da fuora. Il generale francese è in Napoli, per quanto si dice, e sarà questa sera al Teatro di s. Carlo. Si è detto pure che siasi cominciato a fortificare il cratere.
Addì 13. L'armistizio publicato fu vero. In seguito di tale armistizio Capua è evacuala dai nostri e per pagarsi la metà dei due milioni e mezzo si prende il danaro contante che vi era rimasto, e si espongono in vendita i beni allodiali della Corte e dei luoghi pii, da pagarsi a danaro contante, rilasciandosi ai compratori il 50 per % per l'agio che corre sulla moneta, di maniera tale che un fondo valutato per 1500, a cagion di esempio, si rilascia per 1000. Si dice, siasi mandato in Palermo per aver prontamente l'altro milione.
Il cratere si arma, e dicesi per ordine del generale francese. I rumori tra la Città e il Vicario generale Pignatelli continuano, i deputati di Città avendo fatto più rimostranze per impedire la estraregnazione del contante, l'incendio delle navi, ed ottenere la custodia dell'arsenale e dei granai del Ponte, non meritarono risposta dal generale, per cui la deputazione ha stampato e fatte correre per la Città le sue rimostranze, acciò si sappia da tutti. Si teme qualche disordine perché si sono formati due partiti, uno per la città, l'altro per Pignatelli, e si crede che siano armati. I deputati di Città sono i seguenti: duca di Castelluccio, principino di Canosa, Ottavio Caracciolo, Cicinelli, duca di s. Arpino, marchese Transo, duca di Bagnoli, Gaetano Spinelli duca di Seminara, principe di Piedimonte, figlio di Montemiletto, marchese del Vaglio, figlio del duca di Monteleone, Giuseppe Colonna, Vincenzo Severino di Secli, principe d'Angri, conte della Rocca, Marigliano, marchese Caccavone, Michele Picenna eletto del popolo, Gennaro Presti consultore, Raffaele Spasiano.
Addì 14. Questa mattina si è sospeso il Tribunale a causa del rumore fatto dai carcerati l'altro ieri, volendo sforzare le carceri ed uscirsene, gridando, per quanto si dice: viva Francia, viva l'assemblea. La milizia urbana fece fuoco, ed i carcerati corrisposero da dentro con colpi di piccoli pistoncini e cannoncini. Questa mattina dunque il Tribunale è stato chiuso, per essersi cacciati i carcerati e trasportati a Sant'Elmo. Giorni sono uscirono dai castelli più di un centinaio di detenuti per causa di Stato, tra i quali, d. Nicola Fasulo, d. Nicola Galise, d. Felice Saponara, lo schermitore Gaetano de Marco, ed altri.
Addì 15. La notte scorsa il popolo, avendo inteso che si aspettavano i Francesi al Teatro, si è armato ed è andato girando la città, arrestando le carrozze per vedere se contenessero quelli; il Teatro si è chiuso, e tutta la città è stata in agitazione. Questa mattina nel punto che scrivo la villa di Antignano sopra Napoli, ove io mi trovo, è tutta in romore, e si dice che Napoli sia' in rivolta. Si è saputo che ieri sera il popolo girò tutti i Teatri per vedere se vi fossero Francesi, disarmò la truppa regolare e la truppa civica. Questa mattina il popolo ha saputo che s'introducevano per mare delle armi, ha sorpresi i legni, si è armato ed ha occupato le castella dell'Ovo e del Carmine, si è avviato verso il palazzo Reale, ove sta il Vicario Pignatelli, non si sa il dippiù.
La mossa del popolo si è sempre più accresciuta. Si sono impossessati di tutte le castella, hanno forzatala darsena e l'arsenale, donde hanno estratte le armi per armarsi. Si son vedute le colonne popolari con bandiera spiegata e tamburro battente, gridare per le piazze: viva il Re. Sacerdoti con Crocefisso, circondati dal popolo, giravano sedando. Si dice che abbiano chiesto il principe di Moliterno di mettersi alla loro testa per marciare contro i Francesi.
La mossa dicesi originata da manifesti che si erano fatti correre invitando la popolazione alla libertà di opinioni politiche. Il Generale francese a due ore di notte ieri scappò da Napoli scortato dal Maggiore della Piazza. La truppa regolare è stata tutta disarmata, nel castelli non si è fatta resistenza; quello solo di Sant'Elmo voleva resistere, ed aveva fatti alzare i ponti, ma poi ha ceduto senza rumore; su tutti è stato inalberato lo stendardo Reale. Per la città si sono chiuse tutte le botteghe e i palazzi delle case, le sole botteghe di commestibili stanno aperte, perché i popolari le hanno assicurato di non temere. In tutta questa rivolta non si è inteso essersi fatta alcuna violenza, né commesso alcuno eccesso contro i beni e le persone; tutto l'orgasmo è nato dal timore di non essere sacrificati ai Francesi senza difesa, dubitando dell'armistizio, quasicchè sotto specie di armistizio non si fosse fatta una intera cessione del Regno ai Francesi. Di Pignatelli non si sa che ne sia, ma indubitatamente egli è causa dell'accaduto rumore, avendo voluto operar solo o senza l'intelligenza del Corpo della città e del popolo. Perché se questo si fosse chiamato a parte del trattato non si sarebbe così allarmato credendosi tradito. Noterò con maggiore precisione le notizie come mi giungeranno.
Addì 16. La rivolta del popolo continua ed è delle più serie che possa darsi. Per le notizie avute cominciò la mossa dall'affissione prima dei patti dell'armistizio, poi dell'editto con cui s'insinuava di non offendere i Francesi che entrassero nella città. Questo accadde l'altra sera, immediatamente il popolo cominciò a tumultuare credendosi tradito, mentre si era data a' Francesi Capua, se gli davano dieci milioni[2], e s'introducevano in Napoli. Cominciò dunque a girare i Teatri ed a disarmare le milizie. La mattina i popolari occuparono le castella, scassarono la dogana, l'armeria, e saccheggiarono tutto per armarsi. Quest'oggi è continuato nel modo stesso, cosicchè tutto il popolo è armato con fucili, pistole, sciable e picche di munizione. Niuno dei castelli fece resistenza, quello detto il Nuovo aveva puntati due cannoni alla porta per ordine di Pignatelli, ma ebbe poi il contrordine. S. Elmo aveva alzati i ponti, ma poi anco si rese; ora sono guardati dal popolo che ci fa montare una guarnigione di cento uomini per ciascun castello. Mostrano tutta la fiducia nel principe di Moliterno, a cui protestano fedeltà ed obbedienza al Sovrano, gli seda con un cenno di mano, gli ha detto che sarà il loro comandante se non mutano e l'obbediscano, promettendo di ammazzarsi sotto gli occhi loro se gli voltano faccia, e di farli punire se commettono disordini. Truppa militare non ve n'è affatto essendo stata tutta disarmata e licenziata dal popolo. Questa mattina è corso a Pizzofalcone e alla Nunziatella, ov'è il collegio dei Cadetti a prendersi le armi. Fanno fare un'esatta custodia alla marina, ove hanno trasportato i cannoni; per la città anche hanno situato de' cannoni, senza persuadersi che non sanno maneggiarli in ogni caso d'aggressione. Le armi che trovarono sui legni che entrarono ieri, e che furono sorprese dal popolo, erano indubitatamente francesi, avendo io osservato un pistoncino rigato colla iscrizione nel fucile manifacturée a Versailles. Questa mattina le botteghe sono state tutte aperte ed i Banchi ugualmente, ove si è fatta la tassa giornaliera con quiete, dandosi i soliti cinque carlini a persona che si danno da più tempo. Il popolo è corso nella piazza di s. Lorenzo, ove ha chiesto essere comandato dalla Città, i deputati della stessa gliel'hanno promesso, insinuandoli intanto d'ottenerne il permesso dal Vicario Pignatelli. Questo sta nel suo palazzo sopra la Solitaria custodito da una pattuglia popolare.
E' avvenuto un accidente che merita di essere avvertito. Questa mattina è stato arrestato due ore prima di giorno un volante di d. Giuseppe Zurlo, già fiscale di Camera, ora nella partenza del Re rimasto direttore di Finanze. Gli hanno trovato sopra alcune lettere, chi dice dirette al generale de Mack, avvertendolo della mossa popolare, ed incaricandolo di venire a reprimerla di notte con colonna dell'esercito che è in Aversa.
Chi dice dirette a dirittura al Generale francese. Quello ch'è certo si è che il popolo immediatamente corse alla sua casa sopra s. Giuseppe degl'lgnudi, lo ha arrestato e portato in città, donde poi ligato con le mani in dietro, lo hanno quasi trascinato al castello del Carmine: la sua casa è stata interamente saccheggiata [3]. Mi ero dimenticato avvertire che sono state aperte tutte le carceri, liberati i carcerati e quelli ch'erano detenuti nei castelli. Quali saranno le conseguenze di questa rovinosissima sommossa popolare non saprei dirle. Fin'ora il popolo desidera il Re, e si è sparsa voce che si aspetta da Sicilia con quarantamila uomini.
Addì 17. Per le notizie avute la mossa del popolo comincia a prendere una forma piú regolare sotto la direzione di Moliterno . Si assolda in nome della Città a due carlini al giorno, e a tre chi ha famiglia per essere ammogliato. Si sono poste le forche per i larghi della città per arrestare i delitti, essendo cominciato qualche ricatto che si è fatto da qualche truppa di gente, la quale sotto il colore di voler da mangiare, è andata per le case riscuotendo viveri e denaro. Qualche disordine pure è causato dall'essere le armi in mano a chi non sa maneggiarle, per cui qualche persona è stata ferita ed è anche morta. Anco qualche rissa v'è stata. Si dice che ieri innanzi al palazzo di Moliterno si era affollato immenso popolo, egli si affacciò ordinandogli che tutta si unisse nella spiaggia di Chiaia, ove sarebbesi portato per dare gli ordini necessarii, e fu immediatamente obbedito. Il direttore di Finanze d. Giuseppe Zurlo, si dice, che convinto d'aver scritto al Generale francese fu ieri fucilato. Noto le notizie col si dice, quando non le ho sicure, ma ove non si trovino rettificate nel prosieguo, restino per verificate tali quali. La notizia di Zurlo fucilato non è vera, sta solo detenuto, come dissi.
Due editti si sono affissi, uno della Città, comminando pena di morte a chi vada ricattando per le case, o per la città, a chi arresta carrozze, a chi spari a terrore, la pena di D/. 18. Un altro di Moliterno, che dopo aver ringraziato il popolo della fiducia che ha in lui, ordina la formazione di 12 battaglioni di truppa civica, ai quali assegna carlini due al giorno; ogni battaglione di 170 uomini ciascuno, assegnato al suo quartiere alla cui custodia debba vigilare senza entrare in altro quartiere, e ciò per evitare i disordini accaduti il giorno di ieri, che si attaccarono fra loro le genti attruppate. Ordina a chi ha più d'un fucile di consegnarlo, acciò serva a chi ne sia senza, mentre servir debba nella truppa civica. Ogni trenta passi si debba situare un lume ossia un fanale per tenere la città illuminata di notte, restando il carico d'illuminarli a chi è in quel rione. I cannoni si sono tolti dalla città, e situate dieci forche, quattro al Mercato, e sei ne' varii luoghi della città. Ieri andavano delle truppe di gente salendo per le case riscuotendo danaro, portando la nota delle case alle quali intendevano fare tali visite, si contentavano di 20 o 30 carlini, anco in carta. Anche per la strade si andavano facendo de' ricatti; dai granai del Ponte si presero dugento tomoli di grano del mercante Sinno.
Di d. Giuseppe Zurlo, ecco le notizie più avverate. Fu arrestato un suo volante con una lettera la cui direzione esteriore era alla sorella. Fu aperta e si trovò diretta al generale de Mack; conteneva presso a poco queste espressioni: Questo popolo furioso è tutto in rivolta, venite a reprimerlo con due colonne del nostro esercito, ma procurate sorprenderlo di notte. Fate sentire al Generale francese che il primo milione se gli doveva pagare, sta in poter mio, ed io me ne rendo responsabile. Il popolo prese nel più cattivo senso tal lettura, corse alla di lui casa, lo arrestò col cameriere, e due suoi amici, portò lui in città, ove sostenne il confronto col volante, che assicurò esser suo quel biglietto.
Il popolo fremente voleva che si moschettasse, e non ci volle poco a farlo mandare nel castello dell'Ovo, dove si ritrova. La sua casa fu interamente saccheggiata, e tutto il mobilio si è venduto, esposto in vendita per le strade. Volevano anche incendiarla, e lo avrebbero eseguito, se il padrone dello stabile non fosse accorso a far sapere ch'era sua.
La città oggi è piú quieta e girano da per tutto processioni di penitenza, specialmente delle famiglie religiose. I PP. Gerolomini sono usciti scalzi, i Domenicani e i Conventuali sono usciti; infinite altre di popolo donnesco, tutte sono andate alla cappella del Tesoro, ove sta esposto il s. protettore. Ho accennato ai due editti, quello di Città che ho presente, contiene cinque articoli. Il suo proemio è in questi termini: «La città e la deputazione sulla interna tranquillità, che sino dalla sua elezione con fatighe gravissime, con perigli e palpiti, si è tutta impegnata di servire questo publico fedelissimo, ed ha manifestamente dimostrato di non avere in conto alcuno tradita quella fiducia, che il medesimo ha avuto la bontà di fidargli, ma che la publica sicurezza sembra avere maggiore bisogno, ha raddoppiato le indefesse sue cure, niente curando i rischi e le agitazioni nelle quali si è ella ritrovata. E siccome non vi ha dubio alcuno che il pessimo travaglio, sotto del quale può gemere qualunque popolazione, sia quello dell'anarchia, ovvero che essendo tutti senza capi condottieri e regime, dei baldanzosi scorrano per le contrade senz'avere altro oggetto fuori che quello di turbare quella pace e tranquillità che l'unico oggetto formano, e conducono alla felicità; così la città e la deputazione composta degl'individui tanto delle Piazze nobili, che di quelle del popolo, in virtù di quelle ample ed estese facoltà comunicate loro dalle Piazze medesime, ordina e comanda:
l° Che ogni quartiere formi un allistamento della sua truppa, a comporre la quale dovranno essere le persone più oneste, quiete e savie, delle quali ogn'uno servirà un capo, il quale si presenterà nella città, ovvero nel quartiere generale di s. Lorenzo, per esser riconosciuto come capo subalterno.
2° Che in caso di dover portare clamori in città, ovvero richiedere qualche cosa, vengano sempre non più di due dei capi per volta, acciò si allontani qualunque segno di chiasso, e di tumulto, tanto fatale in queste circostanze.
3° Che in caso si arrestasse qualche persona sospetta o rea, sia condotta in città da una piccola pattuglia necessaria pel bisogno, acciò sia ancora evitato ogni clamore che potesse aver l'aria di sedizione, tanto rovinosa per la publica tranquillità.
4° Che tutte quelle persone le quali sono fuori allistamento, siano assolutamente in dovere di ' spropriarsi delle armi, e di non comparire armati nel publico, dovendo essere persuaso ognuno che qualunque contravenzione agli ordini emanati, sarà punita col rigore delle pene militari.
5° La città e la deputazione avendo inoltre publicamente sentito, ed avendo avuto formali publiche richieste le quali dimostrano chiaramente la giusta fiducia che questo fidelissimo popolo ha nella degnissima persona del nostro patrizio signor principe di Moliterno, tanto valoroso e leale, ed attaccato alla augusta persona del Re N. S., così la città e la deputazione per aderire alle publiche richieste, dichiara il detto sig. Principe generale comandante di tutta la milizia urbana ».
Ho trascritto interamente questo editto, il quale è stato annunziato col semplice titolo di avviso al pubblico. L'altro di Moliterno non l'ho letto; ma presso a poco è quello stesso che di sopra ho riassunto. Moliterno, si dice quest'oggi, che sia andato a Caserta, e che stia pensando a qualche cosa di grande. Si crede che sia vicina a democratizzarsi la città di Napoli. La notte scorsa si è salvato per mare il generale Pignatelli in un legno Luciano, la notizia di essere custodito da una pattuglia di guardia urbana non fu vera: essendo egli stato nascosto.
Il proclama, per così dire, del principe di Moliterno contiene dodici articoli, che anderò riassumendo senza trascriverli interamente; la sola introduzione, e qualche spezzone trascriverò alla lettera. Il titolo è Invito del principe di Moliterno al popolo Napoletano [4], segue il proemio:
La tranquillità publica esigge che ogni buon patriota si cooperi al bene della patria, non solo coll'esporre ciecamente la vita, ma bensì col professare la più esatta obedienza a quelli ne' quali si crede poter affidare la publica sicurezza e tranquillità, v'invito perciò bravi Napoletani ad unirvi tutti con me per poter ottenere la salvezza della nostra cara patria. Bravi Napoletani ieri voi mi onoraste col nome di vostro difensore; ora protetto da un tal nome, vengo a pregarvi in nome di Dio e della patria ad eseguire ciecamente quanto vado a dettarvi, assicurandovi che il mio solo e principale scopo è quello di vedervi felici e meritarmi allora giustamente il vostro amore. E vi giuro che unico voto che farò a Dio sarà quello di punirmi col fulmine della sua giustizia, se mi slontano un sol momento da una tale idea.
Cominciano gli articoli:
1° Che ogni quartiere di Napoli faccia nota esatta di tutti gli uomini atti alle armi, non guardando a gradi, dovendo tutti adoperarsi a salvezza della patria.
2° Che per ogni quartiere si faccia un corpo di guardia alla distanza di trecento passi l'uno dall'altro, in cui si racchiudano tutte le armi; pena di morte a qualunque patriota, che non essendo di fazione, si incontrasse armato, uguale pena a chi conservasse in casa numero d'armi.
3° In ogni corpo di guardia devono montare un capitano, due uffiziali subalterni, due sergenti, sei caporali, e cinquanta individui il giorno. Si eliggeranno col voto publico dagli abitanti del quartiere, non guardando alla nascita, ma alle qualità morali di ciascuno individuo, badandosi solo che gli uffiziali e bassi uffiziali sappiano scrivere per fare i rapporti.
4° Da ogni corpo di guardia escir devono le pattuglie composte di un basso uffiziale e sei individui. Il comandante farà il rapporto all'uffiziale comandante delle novità occorse. Una pattuglia per ciascun quartiere uscirà anco la notte distribuendosi le ore dai due uffiziali subalterni che faranno anche il rapporto al capitano comandante del posto che sarà responsabile alla Patria di ogni disordine causato da trascuragine.
5° Si proibisce alle pattuglie di arrestare le carrozze.
6° Si proibisce lo sparo in città.
7° Tutti i quartieri formeranno un corpo di 2mila e 40 uomini divisi in dodici compagnie di 170 l'una, compresi quattro sergenti e dieci caporali, un capitano e sei uffiziali subalterni per ogni compagnia. Questo corpo sarà diviso nei 4 castelli della città sottoposto ai comandanti di essi. Si proibisce ammettersi forestieri in tale truppa ed in quella dei quartieri.
8° La pattuglia d'un quartiere non deve ingerirsi nel governo dell'altro.
9° Tutta detta truppa dei quartieri e castelli avrà un tarì al giorno, stando di fazione, ossia di guardia; quei che per causa legittima non potranno fare il servizio, essendo facoltosi pagheranno 4 carlini a chi farà le sue veci, non essendo di servizio, ciascuno baderà ai suoi interessi.
10° Si debba illuminare la città con dei lampioni per tutta la notte: saranno situati alla distanza di 30 passi l'uno: docati 18 di pena ai trasgressori.
Trascrivo i due ultimi:
11° Si rispetterà sagrosantamente qualunque individuo eh e cinga la divisa militare, essendo questi li difensori della Patria, e prego ogni buon patriota, in nome di Dio e della Patria di dimenticare tutte le sciagure passate della nostra armata; giacchè bisogna sperare che il grande Iddio degli eserciti voglia da questo punto proteggere tutti quei i quali saranno spinti dal vero e sacro patriottismo.
12° Bravi Napoletani fido nel vostro zelo, fedeltà ed amore della patria, e ardisco sperare tutto il buono effetto della vostra cieca obbedienza, pregandovi soltanto di riguardarmi come vostro fedele patriota. Il principe di Moliterno generale Comandante del popolo.
Addì 18. La Città va spiegando un sistema che sempre indica la mutazione del governo; questa mattina si sono affissi tre proclami con lo stesso titolo di Avviso al pubblico. Uno di essi dichiara sbanditi tutti i luoghi delle Reali caccie ed è concepito come segue:
La città e deputazione per la interna tranquillità che ha prese le redini di provisorio governo, permette a chiunque di pescare e andare a caccia in tutti i siti dei Reali dominii, ch'erano prima proibiti, e colui che ardirà d'impedirlo, soggiacerà alla pena immediata della morte. Dal quartier generale di s. Lorenzo li 17 gennaio 1799.
Con l'altro nella stessa data: col speciale consenso del patrizio generale comandante del popolo Napoletano, signor principe di Moliterno, dichiara general comandante in secondo l'altro patrizio duca di Roccaromana, onde possa coadiuvare ad organizzare la truppa civica e quella di linea, e partecipar tutto ad essa Città e deputazione. Col terzo nella data medesima, eligge quattro altri patrizii per castellani dei quattro castelli della città. Queste disposizioni par che dimostrino un abbozzo di aristocrazia, staremo a vedere.
Per l'arresto del Direttore Zurlo le ulteriori notizie sono, che due furono le lettere da lui scritte, una al generale Mack, l'altra al general e francese Championnet, presso a poco il tenore era lo stesso. Accennava alla rivolta, e gl'incaricava di venire a sorprendere il popolo di notte con cannoni a mitraglia, soggiungeva di scrivere in nome del generale Pignatelli. La fuga di costui fu facilitata, da un famoso capo paranza Luciano di cognome Luigi, contro cui si sta inquirendo, come s'inquire pure contro il marchese Taccone, come colui che aveva procurato extraregnare del contante per passarlo in Sicilia; e si vuole che sia stato arrestato il legno che trasportava tal contante. Sono state arrestate pure nove casse di roba di pertinenza del generale Pignatelli. Si dice finalmente che si. fosse anco sorpresa ed arrestata la fuga del generale de Mack colla cassa militare; anzi si trova scritto il duca della Salandra, e si dice in iscambio di Mack, essendo stato attaccato dalla truppa civica nelle vicinanze di Aversa [5].
La crisi in cui siamo è violentissima, speriamo si risolva in nostro vantaggio, e sia qualunque. Il popolo è sedato, ma non è mancata qualche sorpresa di ricatti per le case, sebbene senza rumore, solo la casa del consigliere d. Francesco Caccia si dice che sia stata saccheggiata. Questo ministro fu uno degl'inquisitori della Giunta di Stato. La Città oltre le disposizioni di sopra date, ha pure disposto che la farina si ribassi 10 carlini a tomolo, sicché il fiore da 36 è ribassato a 26, e così la farina in proporzione.
Addì 19. La notte scorsa verso le ore sette si sono intesi tre tiri di cannone dal castello s. Elmo; si è saputo che un partito di Pignatelli, o almeno contrario al popolo, erasi portato
ad impadronirsene, ma la guarnigione del castello tirò i ponti e fece fuoco, per cui quel partito vedendosi resistito, si disperse per non farsi conoscere [6].
Essendo andato il comandante Moliterno a trattare co' Francesi, si ebbe per risposta, che volevano essi entrare o come amici o come nemici; che trattar volevano a dirittura col popolo, e che intendevano voler in mano loro i castelli. Il popolo non intende affatto assentire, e si è di nuovo armato.
D. Giuseppe Zurlo è stato liberato, e la Città ha ordinato che chiunque ha roba, libri, o carte dello stesso, le porti in s. Lorenzo. Il popolo è dato nuovamente in furore, ha ripigliato le armi, e scorre la città in cerca di quei ch'egli crede Giacobini. Ha presa la casa del duca della Torre Filomarìno per la notizia che ivi erasi apparecchiato un pranzo di allegria per l'avvicinamento dei Francesi. Ha preso il principe ed il fratello dopo averli portati in mezzo pei luoghi più popolati della città, finalmente gli ha fucilati, ed indi ha dato il sacco alla di loro casa. Molte altre case si sente aver sofferto degl'insulti [7]. Questa sera la Città in corpo è uscita processionalmente con la statua di S. Gennaro. Il principe di Moliterno con lo stendardo alla testa del popolo scalzo procedeva; dalle ore due di notte sino alle sei ha girato sempre. Il popolo armato com'era sempre si è diviso per quartieri all'ordine del d.° principe. Più concioni ha fatto questo cavaliere al popolo, ma non ne so il tenore. Si è sparsa la voce che a due ore di notte dovesse entrare la truppa francese, e che vi fosse un partito d'intelligenza; questo. ha prodotto l'allarme del popolo, e la sorpresa che ha fatto e va facendo alle case che crede sospette. Vi sono poi delle partite che si determinano solo pel saccheggio, per cui la gente quieta è in pericolo, servendosi i popolari del pretesto che sia nemico della patria chi non prende le armi. Si è in una perfetta anarchia, tutto è disordine e rumore, la crisi è violentissima, ed è vicino allo sviluppo.
Addì 20. Continuano i rumori popolari. La notte scorsa fu la Città che per sedare qualche poco il popolo, uscì colla processione di s. Gennaro, che fu seguita da immenso popolo armato. Quello che dicesi aver dato causa all'effervescenza popolare si fu la risposta che portarono i deputati che mandati si erano a Capua a trattare co' Francesi, cioè che questi volevano assolutamente entrare per trattare in mezzo Napoli, per cui volevano i castelli, risposta che portata al popolo, disse assolutamente non voler ciò, nella sicurezza ch'entrati i Francesi, fatto avrebbero come in Roma, donde più non uscirono, dopo essere anche entrati come amici per trattare col Papa. Moliterno alla risoluzione del popolo, rispose con una concione fatta al medesimo sulle scale della chiesa di s. Paolo, dicendogli, che egli non si fidava di resistere, e però ciascuno si fosse difeso da se. Il popolo ciò inteso corse all'armi, e credendosi che tutto fosse effetto del partito de' Giacobini interni, si diede ad andarli cercando per le case. Colla processione si diede qualche riparo, ma molti furono per le case assaliti, oltre l'infelice duca della Torre e fratello. Si dice che andarono pure altri deputati popolari al generale Championnet, il quale disse di non volerli ricevere, ma poi ricevutili disse, non voler sentire altro; e giaacchè non si voleva ch'entrasse da amico, entrato sarebbe da nemico. I deputati del popolo, fra quali un certo del Vecchio, gli risposero, che venissero, perché sarebbero ricevuti convenientemente.
Difatti il popolo portando seco artiglieria ed artiglieri ha fortificato Aversa e Capodichino, né i Francesi si azzardarono ad entrare la passata notte, come avevano detto di voler fare. Anzi si crede che aspettino rinforzi. Quest'oggi si dice che sieno di nuovo partiti deputati unitamente a d. Giovanni Bolognini incaricato 'di Spagna. Il popolo intanto continua a stare sopra l'armi, continua ad andare in cerca di Giacobini, ed i disordini continuano. Pochi anni sono, sotto il governo del Regente Cav. d. Luigi Medici, si posero le iscrizioni a tutte le strade, e si fece la numerazione di tutte le porte e portoni; ora il popolo, perché d. Luigi Medici fu deposto come reo di Stato, è andato quest'oggi levando tutti i tasselli della numerazione, credendo che quella servisse ai Giacobini per sapere le case tutte della città. Sopra s. Elmo il nuovo castellano ha arrestato certo Luigi Brandi che faceva il capo del complotto, ed ha fatto puntare i cannoni contro la sua compagnia: il Brandi è stato moschettato [8].
Addì 21. La giornata di oggi è stata la piú orrorosa, e non è possibile potersi descrivere. Fin dalla notte scorsa si ebbe l'avviso che la città veniva minacciata d'invasione. La mattina si è cominciato a sentire il cannoneggiamento, e si è saputo essere stata attaccata da due colonne francesi, una per la strada di Capodichino, l'altra per quella di Poggioreale. Il popolo ha fatta la più valida difesa, senza capo, e senza alcuno aiuto di cavalleria o truppa regolare. Anche Moliterno l'ha abbandonato, essendosi chiuso nel castello di s. Elmo unitamente al duca di Roccaromana. La difesa del popolo è stata tale che ha respinti i Francesi e gli ha battuti verso le ore 17. Il castello di s. Elmo ha tirati quattro colpi di cannone ed ha innalzato lo stendardo tricolore, ma dopo poche ore è stato tolto. Per tutta la giornata le due colonne sono state in azione, e vicino la sera si è detto che dai Francesi si era chiesto riposo, si aspettano le notizie ulteriori.
La Città ha publicato un proclama ne' seguenti termini: Comincia con l'introduzione che i mali fisici hanno la loro origine dai morali, avendo perciò esaurito assolutamente la fonte de' rimedj umani, ha creduto suo indispensabile dovere buttarsi assolutamente nelle braccia di Dio, consultando il suo servo e sacro ministro d. Tommaso Fiore, il quale ha assicurato la Città e Deputazione dell'alta protezione di Dio, s. Gennaro, e nostri ss. Avvocati, verso di questo fedelissimo popolo; ed avendo altresì incaricato la Città di tutta occuparsi per la pace e tranquillità interna dei cittadini, lasciando alla decisa protezione dell'Altissimo l'urto esterno che la minaccia. Dopo tale introduzione segue la Città a dire, che per insinuazione dello stesso servo di Dio, aveva disposte cinque novene, una alla ss. Concezione, nella chiesa di s. Lorenzo, una a s. Michele Arcangelo, nella chiesa a lui dedicata fuori porta Spirito Santo, ossia largo; la terza a s. Giuseppe, nella sua chiesa maggiore, la quarta al Crocefisso del Carmine, nella sua chiesa del Carmine maggiore; e l'ultima a s. Francesco Saverio, nella chiesa Trinità maggiore. Conchiude dicendo così: «la Città e Deputazione intanto in mezzo ai palpiti e pericoli continuerà con più calore le sue tormentose e gravi fatiche a vantaggio di questo fidelissimo popolo, il quale concorrendo nelle mire dei suoi affezionatissimi Padri, non deve che prestare sempre più la sua fiducia ed obbedienza verso il Corpo della città, quetarsi e frenare ogni irruenza o delitto, mostrandosi con ciò sempre piú degno dello specioso attributo di fidelissimo attaccamento alla ss. Cattolica religione, e fedele ed ubbidiente a quel Dio dal quale solo ogni bene e prosperità può emanarsi ». Di questo buon servo di Dio, vecchio sacerdote ottuagenario, si è detto aver assicurato il popolo.
Addì 22. Nel momento che scrivo le armate francesi sono entro 'Napoli, il descrivere gli accidenti di questa giornata formerebbe materia di un volume, accennerò solamente, perché mi lusingo ci sia chi scriva la storia esatta della mutazione. del nostro governo. Nella villa di Antignano, ove io mi trovo, si è incominciato a sentire il cannoneggiamento di nuovo verso le ore 15 alle ore 17 circa. Si è intesa arrivata una colonna dell'armata francese che aveva occupate quelle alture e marciava direttamente a s. Elmo. Tutta la gente quieta di quella villa è andata a rifuggiarsi in campagna, fra i quali mi conto io con la famiglia, e la compagnia di un'altra famiglia con cui è unita. Si temeva che la gente armata di quella villa non facesse resistenza, e si vedesse un. massacro. Ma, grazie a Dio, all'avvicinarsi dei Francesi ha deposto le armi, cosicchè affacciandosi la colonna verso quella parte d' Antignano che dicesi Case Puntellate, luogo di nostra dimora, avendo tutto trovato in quiete, è passata oltre; camin facendo da su di alcune alture si sono tirate delle fucilate che hanno ammazzato due soldati francesi. Ha fatto fuoco la colonna verso quella parte, indi è girata per il Vomero, dove è stata accolta dal principe di Belvedere, indi è passata a s. Elmo che gli è stato aperto dai nostri generali Moliterno e Roccaromaria. Hanno posta una guardia avanzata, ove la strada si divide tra Vomero, Antignano e via s. Elmo, e propriamente ove dicesi la cappella del Romito, né altro incomodo hanno dato a quel rione, che hanno anzi assicurato di non temere di alcuno incubo, ed hanno solo chiesto col loro danaro de' viveri.
Quello poi che è accaduto al basso Napoli non è da potersi né credere, né descrivere. Basti il dire che si è veduta una guerra viva nel centro della città. Il popolo che si era armato crebbe in furore all'avvicinamento delle due colonne francesi, che si avviarono per la via di Forino, ossia di Capodichino e porta Capuana. Andò cercando cavalli, soccorsi e munizioni per la città, e andava facendo fuoco in faccia a tutte le base, finestre, balconi, ed ogni altro luogo, per cui molti onesti e quieti cittadini ne rimasero vittima. Saliva per le case commettendo ricatti, minacciando e commettendo incendii, a quelle case ove diceva esservi de' Giacobini, così dal popolo chiamati i partegiani de' francesi. La casa di Solimene alla salita degli Studi, fu data in preda alle fiamme, e la notte fu saccheggiato il monastero di s. Gaudioso, ed incendiata la chiesa, appena le monache si salvarono dal furore popolare, non senza qualche disordine, almeno nella persona delle converse, si dice. Le armate francesi intanto s'inoltrarono entro la città sempre facendogli fronte il popolo, cosicché il quartiere di porta Capuana ed il largo delle Pigne divennero campi di battaglia, ove specialmente si fece un fuoco vivo per sette ore continue, e l'armata francese si vide sul punto di retrocedere. Sovragiunse il soccorso dei giovani degl'Incurabili che fecero fuoco sul popolo; il castello di s. Elmo che fulminava sullo stesso col cannone a mitraglia; i torrioni di s. Giovanni a Carbonara, e i cannoni postati per le strade facevano un fuoco incessante che durò la intera giornata. Le colonne francesi intanto fecero alto in que' luoghi, e qualche partita si sbandò saccheggiando qualche casa.
In mezzo a questo rumore, una partita di soldati francesi s'insinuò nella casa di abitazione del commendatore d. Luigi Milano colonnello giubilato degli eserciti del Re, salì sopra, gli saccheggiò la casa ed ammazzò lui con un colpo di pistola alla gola. I soldati si sfogarono poi anche con una donna che là trovarono, moglie del suo servitore. Questo disgraziato cavaliere era inerte a poter caminare, il suo reato era di essere francese di nascita, esser fuggito di Francia, non so con qual soverchieria, per cui meritò che si ricordassero di lui, dopo tanti anni i Francesi venuti in Napoli.
La giornata dunque terminò fra il fuoco che fecero le armate francesi, e quelle che fece il popolo, tanto in opposizione de' Francesi, che contro la gente quieta della città. E' da rimarcarsi, il giorno 22 novembre il Re di Napoli marciò verso Roma col suo esercito, il giorno 22 dicembre si pose in mare per andarsi a rifuggiare a Palermo, ove si trova, ed il giorno 22 gennaio sono entrati i francesi in Napoli, giorno di martedì. Continuerò questo mio giornale indicando non solo la data, ma anche la giornata che corre.
Mercordì 23 gennaro. La mattina continuò la resistenza popolare, e durò fino all'ora 22, quando cedette il borgo di Loreto ed altri luoghi di Napoli. Si temeva giustamente il sacco alla città, e si è poi saputo essersi anche disposto, e bisogna dire che dovevasi questo sfogo al soldato che aveva a forza di sangue sparso vinta la città. Si erano anche stampati i biglietti di esenzione per le proprietà de' cittadini quieti che volevano esentarsi. Ma poi la intercessione de' buoni, e la mansuetudine e clemenza insieme del generale Championnet, la vinsero.
Alle ore 22 e mezza dunque si vide affisso un breve proclama [9] in cui con brevi ma energiche parole questo generoso generale annunziò al popolo, di aver egli per un momento sospeso il furore del soldato vincitore, ed assicurava tutti nelle persone e nella proprietà, purché fossero rientrati nella quiete ed avessero consegnate nel castello Nuovo tutte le armi, minacciando di fucilare chi ardisse tirare un colpo in città, o chi continuasse a tenere delle armi nascoste. Lessi questo proclama; non mi è riuscito ad averne una copia, avendolo l'inserirò nel margine.
Giovedì 24 gennaro. A me, che colla mia compagnia che continuavo ad essere in campagna, è giunta questa mattina la notizia del sacco che doveva darsi, come intanto avevamo risoluto restituirci in città, così abbiamo voluto assicurarci. Son io dunque calato in città con uno de' miei fratelli ed uno amico di compagnia. La prima guardia avanzata che abbiamo trovata era al Romito, montata da due uffiziali ed una ventina di soldati. Al basso, accosto la casa degli Studii, eravi un'altra guarnigione con cannone, e là si ricevevano le armi. Al largo delle Pigne poi era accampata una porzione dell'esercito, sotto porta Costantinopoli una sentinella, un'altra sotto porta s. Gennaro, ove si era formato un corpo di Guardia.
La città in certe strade spirava tetraggine, spopolata e deserta. Tre editti erano affissi firmati da' cittadini generale in capite Moliterno e generale Roccaromana, i quali assicuravano il popolo di esser venuta l'armata francese a sottrarli dall'oppressione del passato Governo, e gl'insinuava la pace e la quiete e la esibizione delle armi. Un altro avviso era del generale Championnet che confermava nelle cariche di generali i due suddetti cittadini Moliterno e Roccaromana. Il terzo del generale Kellermann dato dal castello Nuovo che diceva, essere i Francesi venuti a darci la quiete ed aver dovuto far uso della forza, insinuava pertanto tutti a rientrar nel buon ordine ed a deporre ed esibir le armi. Appurammo in seguito che il saccheggio era stato sospeso, onde si quietarono, e così si effettuò il nostro ritiro in città.
Venerdì 25 gennaro. Si è publicata dal generale Championnet [10]un proclama di cui si troverà la copia unita a queste memorie. L'idea è, esser venuta l'armata francese a liberarci dall'oppressione, di averci resi liberi: aver affrettato
questo passo l'imprudente risoluzione dell'ultimo Re, che aveva voluto marciare rompendo i trattati e tradendo la buona fede. Si dichiara colla sua armata protettore della nuova republica, cosicché prenderà il titolo di armata di Napoli. Si enuncia nemico di chiunque volesse il ritorno di un Re che ci ha tradito ed abbandonati. Si è pubblicato insieme un altro proclama che contiene il sistema del Governo provisorio della nuova Republica affidato a 25 cittadini di cui non trascrivo i nomi, potendosi leggere il dippiú nella copia stampata del proclama che conservo. Finalmente si è publicato ordine per un Te Deum nella chiesa di s. Lorenzo maggiore da cantarsi solennemente questa mattina, e dieci giorni di esposizione del Venerabile per rendimento di grazie, per averci liberati.
Ad un'ora di notte si è mandato da Sua Eminenza il seguente avviso circolare:
D'ordine di Sua Eminenza il cittadino cardinale arcivescovo di Napoli è stato stabilito che in tutte le chiese de' religiosi e religiose di questa città si faccia la esposizione del SS. Sacramento per otto giorni continui colla orazione pro gratiarum actione, per lo felicissimo ingresso delle armi francesi in questa Capitale: e che i parrochi di tutte le chiese di questa medesima città continuino siccome fu loro ordinato la esposizione del SS. Sacramento e la predicazione da farsi al popolo, insinuandogli la tranquillità, il buon ordine e l'obbedienza alle leggi, con farli capire che le armi republicane protette specialmente dalla Providenza, hanno rigenerato questo popolo, e sono venute a stabilire e consolidare la sua felicità, contestata ancora dalla straordinaria miracolosa liquefazione del sangue del nostro protettore s. Gennaro, avvenuta nella sera medesima dell'ingresso dell'armata francese.
Questa sera stessa è stata ordinata la illuminazione da farsi per tre sere nella città, ed è stata eseguita.
Addì 26. L'ordine per tre sere d'illuminazione è stato affisso questa mattina [11], oltre una tale illuminazione estraordinaria, ordina pure, che in tutte le sere ciascun cittadino debba cacciar al difuori della sua casa un fanale perché la città resti illuminata, e si provvegga alla publica tranquillità. E stato ordinato pure che le campane sonar dovessero solamente il mezzogiorno, alle ore 24, ad un'ora di notte, e mezzanotte, e non in altre ore. Si dice che ieri fu spedita una speronara a Palermo portando un dispaccio al fu Re di Napoli, il quale presso a poco conteneva il seguente sentimento. Ferdinando Capeto la Republica Napoletana, consolidata colla Francese ti fa sapere che fra giorni... gli dovrai restituire le somme sottratte ai Banchi in 30 milioni, indennizzarla dei danni cagionatele, altrimenti si dichiara la guerra.
Al Baronaggio poi partito con lui, si dice essersi ordinato pure che dovesse fra un termine prefisso restituirsi in città, altrimenti considerarsi come emigrato colla confiscazione dei beni [12]. I teatri sono aperti per ordine, essendosi tolta dai cartelli la espressione di Real Teatro.
Domenica 27. L'ordine del generale Championnet in Sicilia si dice essere stato diretto al Senato, ingiungendoli di assicurarsi delle persone di Ferdinando Capeto e sua famiglia con i tesori tutti da loro portati, come pure della persona del generale Acton, minacciando in caso contrario di pigliare vendetta contro la Nazione Siciliana. Ieri sera il generale Championnet fu al Teatro del Fondo, ov'ebbe grandi applausi ed evviva dal publico ivi raccolto. Questa mattina poi è stato con gran pompa ad assistere al Te Deum cantato nell'arcivescovado seguito dai generali Moliterno e Roccaromana ed altri suoi ufficiali di piana maggiore. All'uscire di chiesa ha dato delle monete d'oro ai poveri, nel montare a cavallo, son cominciati gli evviva del popolo ivi a folla concorso. Egli si ha levato il cappello, ed ha gridato « viva la libertà ». Immediatamente ha fatto eco il popolo con infinito trasporto. I castelli tutti hanno fatta salva generale, tanto che in qualche parte della città, che si ignorava la cagione dello sparo, si è sparso il timore. Il d.° generale è uomo di bell'aspetto, al disotto degli anni 40 di sua età.
L'avviso pel Teatro di s. Carlo di questa sera è stato affisso nei seguenti termini: « Nel Teatro Nazionale, di s. Carlo si dà il Nicaboro, per solennizzare la espulsione del tiranno: nel secondo atto, inno e ballo analogo ». Si è affisso avviso che le poste sarebbero corse, come prima, avvertendosi però di fare l'indirizzo al Cittadino. Si è publicato pure un editto che conservo, segnato col n.° ... Sull'alto della pagina sta scritto nel lato sinistro libertà, nel destro eguaglianza, segue il titolo seguente: « Il generale di Brigata Dufresne comandante la città e forte di Napoli ». Contiene otto articoli. Il 1. proibisce alloggiare alcun francese appartenente all'armata senza ordine espresso della Municipalità. 2. Alcun francese militare che non sia di guarnigione non potrà risiedere nella città di Napoli, senza esser munito di una carta di sicurezza del Comandante della piazza; pena di D/. 50 la prima volta, e di 200 nel caso di recidiva. 3. Quei che fra tre giorni dal dì della publicazione non ne saranno muniti, verranno arrestati. 4. Gli albergatori, tavernari, e locandieri, ogni sera dovranno portare al comandante il registro dei nomi delle persone alloggiate, pena D/. 500. 5. Cafettieri, tavernari, e venditori di vino chiuderanno le loro botteghe alle otto della sera, pena D/. 100, ed in recidiva 300. 6. Si provvede alla' sicurezza dei cittadini, acciò non ricevano molestie dai Francesi. 7. Qualunque individuo abitante o francese, che per forza s'introducesse in case o magazzeno, e vi commettesse saccheggio o furto, sarà immediatamente arrestato e fucilato. 8. Il cittadino Beranger capo battaglione incaricato della responsabilità. La data è del 6 piovoso, firma Dufresne.
Ieri si unirono i membri del Governo provisorio, e fra le cose proposte, vi fu quella di armare una legione Nazionale per marciare a Palermo, intanto si dice che già in quell'isola vi sia della insurrezione, e che la Corte sia fuggita. Per la rinuncia di alcuni nominati al Governo provisorio, come di Flavio Pirelli, già segretario della regia Camera, e di Domenico Cirillo, medico e professore primario dell'università, vi è stata della mutazione, e sento eletti, Prosdocimo Rotunno, professore legale, ed un tal Fran. Saverio Pepe, abate; ugualmente ne sono stati levati Severo Caputo ed un altro, ma non so chi gli siano sueceduti.
Lunedì 28. La mutazione seguita nel governo provisorio, è stata nei seguenti soggetti: si sono tolti Bassal, Stanislao Renzis; Luogotelli, Mattia Zarrillo, Severo Caputo, Flavio Pirelli. Gli sono succeduti: Cesare Paribelli, Giuseppe Albanese, Pasquale Baffi, Francesco Pepe, e Prosdocimo Rotondo, ad uno non si è dato successor e perché ultra numero.
Si sono aperte questa mattina le dogane, e dati gli ordini perché si riaprissero le officine del lotto. Con un avviso al publico, si è detto che i Banchi non pagassero se non a chi portasse fedi di credito, non altri ordini, per cui si è posto in dubio, se le notate fedi abbiano o no il loro corso.
Questa sera si è illuminata per la quarta volta la città. E, come il Vesuvio, che dopo la eruzione strepitosa de' 15 giugno 1794 che sotterrò la Torre, non aveva più dato segno di fumo, cominciò la prima sera dell'illuminazione a far comparire nuovamente le sue fiamme, sebene senza strepito, così vi è stato chi ha dato alle stampe il seguente distico:
Championnet io summo Italicarum copiarum Imperatori Dysticon
Urbs nocte illucet : flammas Vesuvius addit, Quid ? natur comes plaudit et ipsa tibi Civis Cajetanus Todiscus
Ieri sera al Teatro di s. Carlo si fece il più grande strepito, e si gridò ad alta voce: «viva la libertà, muoia il Tiranno » e con lui si nominarono varii altri soggetti in odio alla Nazione, come Acton, Castelcicala, ed altri.
Martedì 29. Molti editti e proclami si sono publicati questa mattina, che non è possibile riassumere, ma spero conservarli numerati unitamente a queste memorie: si è annunziata pure la publicazione di un Monitore Napoletano, che darà notizie di tutte le operazioni del Governo. Dinanzi al palazzo Reale, che ora dicesi Nazionale, si è innalzato questa mattina l'arbore della libertà con gran concorso e solennità. Si sono abbattuti tutti gli emblemi che dinotavano Sovranità, come corone, gigli ed altri, ch'erano attaccati al detto palazzo; si è dopo alzato l'arbore, ballando intorno al medesimo.
Mi è stato riferito che nel Teatro de' Fiorentini ieri sera si vide ballare la prima ballerina, mezzo denudata quasi sino all'obelico, ed essersi replicatamente baciata col ballerino. Se ciò è vero, mi rincresce, perché non mi pare che corrisponda alle massime del Governo, che annunzia Virtù e Libertà, ma non libertinaggio; ed il Teatro se si corrompe, anco i costumi si corromperanno; mi auguro perciò che si dia riparo a tali laidezze. Con altro avviso si è spiegato quello di ieri relativo alle fedi di credito, essendosi detto che anco le notate fedi vanno comprese sotto tal nome.
Mercordì 30. Continuano a publicarsi proclami ed editti, che io vado acquistando: riguardano tutti i stabilimenti del Governo. La municipalità succeduta a quella che prima era il corpo di Città, e che vien composta ora da 25 cittadini scelti dal resto degli ex nobili, mercanti, avvocati, e plebei, come si vede dall'editto n.° ... Tra gli stabilimenti dati, ci è quello di far osservare esattamente le assise pei commestibili, ma come queste son basse ed i generi son cari, dubito che non produca ciò qualche disordine. Si sta pensando a riorganizzare i Tribunali, ma non so ancora quale sia il sistema che sarà per darsi, né dove si reggeranno.
Si è detto che la notte scorsa si era tentato da taluni del partito realista di attaccar fuoco all'albore della libertà innalzato al largo del palazzo Nazionale. Come pure che nel Teatro, fra le voci che gridavano morte al Tiranno, se ne fosse intesa una opposta che gridò «e pure tornerà ». In una mutazione così grande, non è fuori dell'ordine che vi siano partiti. Dio non voglia che nascessero nuovi disordini. Il Governo provisorio ha minacciato di pena capitale chiunque spargesse voci di spavento che turbar potessero la publica tranquillità.
Si è detto che Pignatelli arrivato a Palermo fosse stato arrestato, per non aver eseguiti gli ordini se gli erano dati, di esterminare Napoli e i suoi abitanti dal ceto civile in sopra, ed è generalmente noto che il rumore popolare venne sommosso dai maneggi di Pignatelli e suoi satelliti, che andavano animando il popolo al massacro ed al saccheggio, insinuandogli che tutti i due primi ceti erano Giacobini e volevano i Francesi, e che meglio era, se quel saccheggio che darebbero i Francesi entrando, si fosse dato da essi. Si dice di sicuro che Pignatelli fece dargli le armi, avvalendosi dell'opera di Gaetano Verrusio, il quale si dice che ne pagherà il fio. Del buon'uomo del Cardinale (si dice) che tiene una guardia di cinquant'uomini, non tanto per decoro, quanto per custodia, postali dal generale francese e dai capi del Mercato, Pignatelli, quando vide disperato il caso, fuggì, e si vuole vestito da donna, ma i suoi satelliti son cercati con grande premura. Si è detto di essersi da lui fatto passar nelle mani del popolo le note de' proscritti del passato Governo, e che la carneficina dell'infelice duca della Torre, fu procurata a forza di oro, perché sapevasi essere stato questo soggetto destinato a presiedere l'assemblea Nazionale. Il principe della Rocca, anche Filomarino, come il d.° duca della Torre, fu sul punto di essere trattato egualmente, e si vede ancora il suo palazzo maltrattato del fuoco che vi attaccarono i lazzari, e dai quali si liberò a forza d'oro. Somma ingente di contante si dice essersi impiegata a sollevare il popolo, ed ottantamila fucili che si sono fin'oggi ritirati fanno vedere che almeno 60m. erano in mano del popolo, giacché al più 20m. se ne possono detrarre per quel che si tenevano da galantuomini dilettanti di caccia. ,
Essendosi vedute tre fregate Inglesi che si approssimavano, erasi entrati nel dubio che non venissero mal'intenzionate; ma si è saputo che al vedere la bandiera tricolore, avevano mandata a terra una scialuppa con un uomo che venne arrestato e passato in Castello, ove trovasi. Le fregate intanto si sono allontanate. Vi è chi crede che potesse esservi sopra il fu Re di Napoli, giacché dicesi che la famiglia fosse nuovamente imbarcata per Londra, ed egli avesse voluto costeggiare i nostri mari per aver notizia di Napoli; io per me non veggo la cosa credibile. Carolina di Austria nel partire aveva lasciate le disposizioni perché Napoli e i suoi abitanti fossero distrutti, non pare che ciò posto, il fu Re pensasse di accostarvisi, se non quando fosse pel desiderio di vederne la sperata mira.
Giovedì 31. Il ribasso delle assise fu una voce uscita ieri sera che produsse l'inconveniente che accennai, ma il Governo ha rimediato subito facendo sentire con bando, che sarebbero soggetti a pena, tanto coloro che vendessero oltre le assise, quanto chi comprar volesse meno delle medesime. E si è detto pure nel bando medesimo, che per ora essendosi i generi comprati cari, non potevano vendersi a più basso prezzo.
L'arresto di Pignatelli in Palermo è sicuro. Intanto, con proclama publicato dal generale Roccaromana sanzionato dal generale Championnet, s'invitano i militari tutti a riunirsi sotto le bandiere Nazionali per marciare in Palermo a scacciare il Tiranno. La municipalità poi con altro proclama invita tutti ad arrolarsi per la milizia urbana acciò la città sia tranquilla e difesa dai suoi stessi cittadini.
Due fatti fanno sempre più onore al generale Chiampionnet, facendone conoscere gli ottimi sentimenti. Uno accadde ieri, e fu che tre soldati francesi uniti a tre Napoletani rubarono un pannetto ricamato con l'effigie del Crocefisso, che è nel Carmine maggiore. Dato parte del furto al Generale, si portò egli di persona al Carmine, e fatta fare diligenza, si trovò il pannetto ed i ladri, ed egli dandogli tre ore di tempo, li fece fucilare al largo della Conciaria e gittarli in mare. L'altro è il seguente: se gli chiese il permesso pei festini publici al Teatro di s. Carlo, ed egli ci era già condisceso, tanto che dicevasi doversene fare quattro, cominciando da questa sera. Ma si è saputo che non ha voluto permetterli, dicendo che tutto giorno aveva querele d'impertinenze che commettevansi dai suoi soldati verso le donne, e però non voleva esporre la popolazione a qualche disordine, essendo uomini e donne in un luogo pubblico.
La maniera di pensare è savia e religiosa, e bisogna dire che fra le grazie fatteci dal Signore Iddio, vi sia quella di aver fatto destinare questo degno soggetto all'impresa di Napoli. Mi si dice che domenica nel Tesoro fu veduto piangere alla liquefazione del sangue di s. Gennaro, che domandò se la testa del Santo avesse collana, gli fu risposto che sí, ma se l'aveva portata il Re. Egli mostrò inorridire, fece dono al Santo di un'altra collana e di un ricco anello. Ai superiori de' Geronomini e della Trinità maggiore, che furono a domandargli se potessero fare i carnevaletti, ossia la solenne esposizione del SS.O che nelle quattro domeniche di carnovale per cinque giorni consecutivi si fanno in Napoli con gran pompa e divozione, egli rispose, che facessero tutto quello che per lo passato fatto erasi, ed ugual risposta diede per le prediche.
Si dice accaduto ieri il seguente aneddoto. Si presentò al Governo provisorio un abate e chiese la parola, gli fu data ed egli disse, che avendo il Governo provisorio da eleggere per membri di quello le persone le più probe e virtuose, si era poi ingannato nella scelta fatta del cittadino Prosdocimo Rotondo, che ivi era presente, giacché costui nell'esercizio della professione si era fatto conoscere per poco di buono e tergiversatore, e che tanto lontano era di essere persona proba, che dato aveva causa alla giubilazione del suo protettore consigliere d. Andrea Tontolo. Finita tal rimostranza, il presidente Laubert, gli rispose dicendogli, che se quanto asseriva fosse vero, il cittadino Rotondo sarebbe uscito dal Governo, se nol fosse, ed egli, o fosse stato ingannato, o si fosse mosso per solo zelo pel publico bene, il Governo lo avrebbe patito; ma se poi si fosse trovato che fatto lo avesse per astio e mal inteso livore, ne sarebbe stato punito. L'abate si disse contento di esporsi a questa disamina, onde fu detto che nel giorno sarebbesi fatto il processo verbale. Se il fatto sia vero o no, nol so ancora, né so che altro sia avvenuto.
Con altro editto questa mattina si è tolta la tassa che facevasi dai governatori del Banco, e si è ordinato che si diano indistintamente carlini cinque a persona con una cartolina che gli verrà consegnata. Tutti gli altri editti emanati in questa giornata e nelle precedenti continuo a raccoglierli, almeno i più essenziali ad oggetto di conservarli uniti a queste memorie.”
[1] Nicola Santacroce – I Sindaci di Caiazzo –
[2] L'articolo parla di lire, ma il popolo non capiva tale distinzione.
[3] Fu salvato miracolosamente dal parroco di s. Angelo a Segno, d. Bartolomeo de Cesare, e dal duca di s. Valentino.
[4] Abbiamo dopo entrati i Francesi meglio capito che valesse la parola Invito.
[5] Non si seppe che dopo molti mesi la verità sul fatto. Salandra fu assalito da un corpo di Giacobini rivoluzionarii, che lo volevano estinto, perché temevano di lui e della sua gente, perché attaccata al Re.
[6] Si seppe dopo che erano del partito rivoluzionario. Ecco il certo di questo fatto che posteriormente ho saputo da chi vi ebbe parte. Da circa duecento cittadini vedendo che il furore popolare minacciava la rovina della città, sopratutto tenendo i castelli in mano, di concerto con Roccaromana, stabilirono di sorprendere di notte il castello che gli doveva essere aperto da Roccaromana, il quale era nel concerto di trovarsi al comando del Castello. Si portarono dunque i cittadini all'ora prefissa e diedero il segno che fu di rispondere al chi viva, Partenope. Ma fatto fu che Roccaromana si trovò tardi essendo calato in Napoli, per cui la guarnigione popolare del castello, gridò all'armi, tradimento, e tirò tre colpi di cannone, ai quali i cittadini si dispersero. Quello però che non potè accadere la notte del 19, accadde il giorno seguente. Moliterno fece una concione al popolo per indurlo a cedere, egli si ritirò in s. Elmo, facendone uscire la guarnigione popolare. Lo stesso si fece poi negli altri castelli, quello del Carmine si sostenne piú, ma fulminato dal castello s. Elmo anco cedette nel giorno 23. N. B. tutte queste furono manovre de' ribelli, che assicurar volevano l 'entrata de' Francesi, e far così
[7] Non è possibile il descrivere gli eccessi ai quali s'è dato il popolo furioso tanto in questo che ne' seguenti giorni, ne accennerò taluno che mi è arrivato a notizia. Già scorrono per le strade minacciando chiunque; fatti poi due partiti, uno attaccava l'altro, e quello che l'uno ordinava l'altro impediva. Per esempio, un partito andava gridando che sì cacciassero i lampioni dalle finestre, coi fucili in faccia lo imponeva, l'altro ordinava che si togliessero, e colla stessa maniera obbligavano i cittadini a togliere i lumi Uno gridava serrate tutti i portoni, l'altro tutt'i portoni siano aperti. Uno, gittate le teste dai balconi ed astrici, e l'altro lo impediva tirando fucilate. Insomma lo stato della gente dabbene non è felice. Oltre il duca della Torre, e di d. Giuseppe Zurlo, furono assaltate le case del duca di Melissa, fu saccheggiata quella di Solimene, che fu incendiata. E per ogni dove portavano fascine minacciando incendii salivano a truppe per le case chiedendo danaro. La notte de' 22 fu saccheggìato interamente il monastero di s. Gaudioso ed incendiarono la chiesa. Saccheggiate le case vicine, cosicché l'ottima famiglia del marchese de Rosa, composta del vecchio marchese, consigliere d. Tommaso, della nuora e figlio casato con figli piccioli, e dì due altrì secondogeniti, fu necessitata la notte a piedi andar cercando ricovero altrove. La casa del principe di Sirignano d. Tommaso Caravita a Fontana Medina fu minacciata dal furore del popolo d'incendio, avendola già circondata da fascine non per altro se non perché vi era stato il viceconsole di Francia, e fu salvata per miracolo. Le monache di s. Andrea, per evitare d'esser preda delle fiamme, uscirono la notte stessa scortate dalla truppa francese che gli usò infiniti riguardi. Insomma è da conchiudersi, che se non fosse arrivata, come si dirà, nel giorno 22 l'armata francese, Napoli sarebbe rovinata e distrutta interamente.
[8] Non fu vero
[9] Verso quest'ora fu saccheggiato il palazzo Reale dal popolo che ne trasportò via non solo il mobile, ma anche delle bussole e fino ai vetroni delle finestre e balconi, quando fu sbaragliato da un colpo di cannone a mitraglia che tirò s. Elmo, credendo che fosse tumulto. Si è detto posteriormente che il far saccheggiare il palazzo, fu un diversivo immaginato per deviar il popolo che voleva continuare a battersi coll'armata francese. Moltissime case furono anche saccheggiate parte da Napoletani, parte da Francesi nei primi momenti, e pria che fossero frenati dagli ordini elementissimi del generale Championnet che prescrisse nel suo proclama « Ho sospeso » ecc.
[10] Per detto degli uffiziali francesi medesimi, il generale Championnet ha detto, che in nove anni di guerra, non ha egli incontrato mai resistenza uguale nelle popolazioni levate in massa di quella che ha trovata nel regno di Napoli; giacchè da Teramo a Napoli rion vi è stato luogo in cui non abbia dovuto far uso della forza, con perdita de' suoi che fa ascendere a circa 2000, fra i quali dodici tra generali e uffiziali della piana maggiore. Egli dice che il Napoletano disciplinato sarebbe un ottimo soldato. E' rimasto insieme sodisfattissimo della infinita docilità del popolo, che dopo tanta resistenza fattagli, perché malamente impressionato, si è poi prestato subito ai suoi ordini, avendo aperte le botteghe e posto tutto in quiete, con esser corso a depositare le armi. Uno di questi uffiziali francesi disse, che la differenza tra il Napoletano e il Romano era come tral vino e l'acqua. Il sacco era stato promesso in tre quartieri di Napoli, cioè s. Lucia, Molo piccolo, e Mercato, giacchè questa parte della popolazione era stata la piú furiosa, aveva però già fatto formare duemila biglietti di sicurezza per la gente quieta dei rioni medesimi. Ma essendosi rappresentato al generale che poteva benissimo accadere che profittasse dell'esenzione la gente facinorosa, ed i buoni cittadini soggiacessero al danno del sacco, egli, ottimo com'è di cuore, lo sospese all'intutto, e lo annunziò col suo proclama. Non è da dubitarsi della fortuna di Napoli in aver avuto le armate francesi questo generale il quale è nemico di violenze, niente sanguinario, umanissimo e di buon cuore. Diceva un uffiziale, che se fosse venuto Bonaparte, a tanta resistenza, Napoli sarebbe per metà rovinata da incendio e sacco.
[11] Vi ha la pena di ducati cento a chi non lo eseguisce.
[12] In data quest'oggi pure, che secondo il calendario francese è il 6 Nivoso, si è dal generale Championnet pubblicato il seguente editto : (Ndr: manca)

Il canonico Pasquale Iadone

Prima di ripercorrere il cammino del Comune di : “La Piana, Piana e Villa Santa Croce, Piana di Caiazzo ed infine Piana di Monte Verna” è d’obbligo aprire una parentesi che riguarda Villa Santa Croce la quale per i primi tre anni, dalla promulgazione delle predetti leggi, si trova ad assumere lo status di Comune (fino al 1809) così come capitato ad altre frazioni di Caiazzo, tra le quali San Giovanni e Paolo, ma circostanza che più ha creato problemi alla piccola comunità (oggi frazione di Piana di Monte Verna), fu che venne aggregata all’ Università di Sasso.
Infatti dal 1757 e fino al 1811 Villa Santa Croce per un errore topografico, venne aggregata a detta Università, ed i villesi patirono gravi disagi, in particolar modo nei mesi invernali, i quali per raggiungere Formicola si vedevano costretti a percorrere un tragitto di 20 km circa, anche perché la strada dei monti diveniva impraticabile d’inverno.
Infine la cronaca di quei tempi ci ricorda che il 26 Luglio del 1805, il circondario di Caiazzo e quindi anche Piana, fù colpito da un terribile terremoto.
Il Canonico Iadone descriveva così i danni riguardanti Piana e Villa Santa Croce:
La Piana, frane, fratture nel territorio, aumento di portata delle sorgenti e dei pozzi, intorbidamento delle acque, fenomeni luminosi e rombi, il terremoto raggiunge l’intensità massima intorno al 7°-8° grado della Scala Mercalli. Alcune case di campagna patirono maggior danno, poiché i tetti di cinque case caddero con porzione delle mura del piano superiore; altri otto casamenti sono rimasti lesionati in maniera anche nei piani inferiori. Si è avuto un morto ed un ferito.
Villa Santa Croce, piccole lesioni nessun danno ulteriore, nessun morto o ferito, il terremoto qui raggiunse l’intensità massima intorno al 6° grado della scala Mercalli.
La relazione dettagliata del Canonico Iadone, viene illustrata nel Capitolo III di questo nostro viaggio nel tempo.
Il Canonico Iadone, compilò una statistica nella quale descriveva tutto il Circondario di Caiazzo, e le zone limitrofe. Anche in questo caso il testo, viene riportato integralmente.
Il Circondario di Caiazzo (1807-1811)

Il territorio della ex diocesi di Caiazzo è circondato per tre lati (nord, est e sud) dal fiume Volturno ed è delimitato ad ovest dalla catena del monte Maggiore [1].
La struttura fisica, e soprattutto i confini irremovibili, hanno da sempre condizionato le scelte politiche, e quindi la storia, dello stesso: basti pensare al territorio attribuito alla diocesi nel X secolo [2] rimasto pressappoco inalterato fino ai giorni nostri.
Furono senz'altro questi i motivi dell'attribuzione, nel 1807, dei territori da comprendersi nel circondario di Caiazzo [3].
Benché, prima della legge eversiva del 1806 [4], questo territorio era sottoposto ad un unico potere ecclesiastico, non era così per quanto riguardava l'amministrazione feudale.
La città di Caiazzo con i casali di Piana, Villa Santa Croce, San Giovanni e Paolo, e i castelli di Raiano, Alvignanello, Campagnano e Squille, erano feudi del marchese di Caiazzo Antonio Corsi [5]; Alvignano, Dragoni e Maiorano, erano feudi del principe di Piedimonte Onorato Gaetani d'Aragona [6] , i diritti feudali di Latina e Baia appartenevano a Pasquale Sanniti Zona [7]; Formicola, infine, con i suoi casali Medici, Auduni, Cavallari, Fondola, Croce - che appartenenva alla diocesi di Teano - e Treglia, e con i castelli di Pontelatone, Schiavi, Merangeli, Profeti, Cese, Sassa e casali, Preja, Cisterna, e Strangolagallo, erano feudi dei Carafa duchi di Maddaloni e baroni di Formicola [8].
All'amministrazione feudale si affiancava, e a volte si contrapponeva, quella dei cittadini: l'università. Essa non aveva prerogative politiche ma solo amministrative [9]; i cittadini erano divisi in due ceti entrambi elettori, solo gli appartenenti al primo ceto, i possidenti, erano però eleggibili [10].
Gli "eletti" duravano in carica un anno. A Caiazzo (compreso il piccolo villaggio di Cesarano) si eleggevano quattro eletti; in ognuno degli altri elencati casali e castelli del Marchesato di Caiazzo si eleggevano due eletti, come pure in Formicola (compreso i casali) e in ognuno dei castelli, e così in Alvignano, Latina, e Baia; a Dragoni si eleggevano tre eletti: due della città ed uno del casale di Maiorano [11].
La citata legge eversiva del 2 agosto 1806, abolendo il potere feudale, accrebbe quello delle università.
Con la legge sulla divisione ed amministrazione del Regno [12] esse furono riconosciute come unico organismo di governo locale dipendenti solo dagli intendenti provinciali [13].
Con il riordinamento amministrativo attuato, le provincie del regno furono divise in distretti [14], divisi a loro volta in Circondari Giurisdizionali che comprendevano le università, denominate da allora giuridicamente anche
comuni [15] .
Nel distretto di S. Maria, il XVII circondario istituito fu quello di Caiazzo. Esso comprendeva le comuni di Caiazzo, Piana, Villa Santa Croce, Alvignanello, Baja, Campagnano, Cesi (sic), Cisterna, Dragoni, Fondola, Formicola, Latina, Lautoni, Merangeli, Pontelatone, Rajano, San Giovanni e Paolo, Schiavi, Squilla (sic), Treglia, Preja, Maiorano [16].
Tra le disposizioni della legge 8 dicembre 1806 citata, vi era a possibilità data alle comuni minori di mille abitanti di riunirsi tra loro o con quelle che ne avevano un numero non maggiore di tremila.
Nel circondario di Caiazzo furono effettuate tra il 1807 e il 1811 le seguenti "riunioni" di comuni[17]: San Giovanni e Paolo si riunì con Raiano, Squille ed Alvignanello con Campagnano, Piana e Villa Santa Croce con Caiazzo, Latina con Baia; per quanto riguarda Formicola, Sasso, Schiavi, e Pontelatone ognuno si riunì con i propri casali [18].
Con l'istituzione dei Giudici di pace [19] il Circondario di Caiazzo fu diviso in due Giustizie di pace: quella di Caiazzo e quella di Formicola. La prima comprendeva le comuni di Caiazzo e circondario, Piana, S. Giovanni e Paolo, Raiano, Campagnano, Squille, Alvignano, Alvignanello, Dragoni e circondario; la seconda comprendeva Formicola e circondario, Schiavi e circ.rio, Villa S. Croce, Baia e Latina, Pontelatone, Cese, Cisterna, Preia o sia Sasso(sic) [20].
Questa suddivisione territoriale fu messa in discussione da una supplica inviata dall'eletto di Villa S. Croce al Ministro di Giustizia, in cui venivano espresse le difficoltà che trovavano i naturali a raggiungere Formicola - distante circa miglia sette - e in cui si richiedeva che la comune, riunita a quella di Piana, fosse annessa alla Giustizia di Caiazzo, distante circa un miglio e mezzo [21].
La supplica rientrò nel "Progetto di rettifica de' Circondari delle Giustizie di Pace della Provincia di Terra di Lavoro" [22] e con Decreto del 4 maggio 1811 n. 922 "relativo alle circoscrizioni provinciali, dei distretti e dei circondari", nel distretto di Capua furono istituiti i due nuovi circondari di Caiazzo (composto da Caiazzo: Piana, Villa S. Croce, Alvignano, Dragoni, Campagnano: Squille, Alvignanello, Raiano, S. Giovanni e Paolo) e di Formicola (composto da Formicola e casali, Sasso e casali, Schiavi e casali, Pontelatone e casali, Baia: Latina) [23] . Tra il 1809 e il 1810 lo storico caiatino Pasquale Iadone [24] elaborò una statistica di tutto il circondario di Caiazzo descrivendo minuziosamente sia i confini complessivi dello stesso che quello delle Giustizie di Pace e annotando le criticità emerse dalla suddivisione [25].
La "Statistica", inedita, fornisce un prezioso "spaccato d'epoca" sicuramente utile per chi si accinge a trattare la storia dei paesi della diocesi di Caiazzo: questo il motivo che mi ha spinto a trascriverla e pubblicarla.
STATISTICA
Articolo 1: Monti, loro nomi, e confine
Il presente Circondario di Caiazzo è in buona parte montuoso, e collinoso; giacché una catena di monti con adiacenti colline lo dividono come in due parti tirando dall'occidente all'oriente; e sono detti monti di figura niente uguale, poiché le stesse sono diverse, e vengono interrotte da valli. Essendo Caiazzo come il centro, o per meglio dire come il foco di detto Circondario, e Diocesi si dirà prima qualche cosa delle colline su cui è la Città, e la circondano; in seguito si esporranno i monti di oriente ed in ultimo luogo le montagne occidentali, dividendo tutto in numeri per evitare la confusione.
Numero 1
La Città, come dirassi a suo luogo, è fabbricata su due colline, che sono continuazione dei monti Calatini; una si chiama le Fosse, e l'altra il Castello; la collina detta le Fosse s'innalza di circa 180 passi dal livello del fiume Volturno, che quasi gli bagna le radici dal mezzogiorno; ed il Castello di circa passi 200.
Sono unite ambedue con gli accennati monti e dall'est, e dall'ovest; e vengono circondate da alte colline, qua, e là disperse, ed interrotte da piccolissime valli, e pianure.
Le colline, che riguardano oriente si denominano le Guara- nelle, Pietramala, le Vigne, e S. Giovanni e Paolo: dal sud S. Leo: al sud-ovest Mondonuovo, la Madonna delle Grazie, e la Selvetella; al di sotto di Mondonuovo mediante una picciola valle Monte Munnolo; alla distanza di circa mezzo miglio s'innalza un'isolato picco detto Mesorinola, che al sud è bagnato dal fiume: quasi contiguo a tal picco da occidente si vede un'altra picciola collina, anche essa isolata, detta il monticello delle Monache.
Numero 2
La sommità dei monti, che si è detto essere all'oriente o per meglio dire al nord-est di Caiazzo formano come tre ordini di colline dirette quasi dal sud al nord. Dando principio dalla linea rimota di Caiazzo circa due miglia all'ori- ente invernale si appressano Paterno, Monte Alifano (osia Omodei), Cornuti, ed il Bosco di Alvignanello. La linea di mezzo virando pure dal sud al nord è unita all'accennate Colline delle Vigne, e San Giovanni e Paolo, e contiene il Palazzo, le Serole, le Monticelle, il Morrone Grande, l'Olivella, e Mastrantuono. La linea occidentale principia dalle Guaranelle; le principali cime sono, Monte Carofalo, Sangiovanni di Raiano, le Coste, Centomoggia, ed all'occidente di queste è attaccato il montuoso bosco della Spinosa, a Selva Piana, un tempo Reali Cacce. La loro elevazione da mezzo giorno dalla parte più contigua alla Città è pochi passi di più della collina del Castello, e va man mano scemando in guisa, che termina a nord sul fiume Volturno in un niente rapido declino: così pure tutte e tre le linee dall'oriente sull'istesso fiume, e dall'occidente col piano di Caiazzo, e di Alvignano; Monte Alifano però nella parte occidentale forma una precipitosa rupe. La loro figura nella lunghezza è quasi tutta eguale toltene poche piccole prominenze, sicchè formano alla veduta un vago aspetto di colline interrotte da piccole val- li, e piani da essa formati.
Buona parte di detti monti è coverta di boschi di Cerri, con qualche piede di Quercia, Orni, Aceri, Platani, Carpani, e Frutici.
Numero 3
I precedenti Monti, che sono all'oriente di Caiazzo, sono uniti formando un'angolo al gruppo delle montagne occidentali mediante il Colle, su cui è fondata la Città, la Collina delle Grazie, e la Selvetella, che termina alla Montagna di S. Croce, dietro cui terminano, i monti di Caiazzo, e principiano quelli dello Stato di Formicola. E siccome da Caiazzo andando al nord-est l'altezza delle montagne va scemando, così a misura, che dalla Città si tende all'ovest va sempre aumentandosi in guisa, che può dirsi principiare i Monti di questo Circondario con un falso piano dal nord-est, e continuando dall'oriente all'occidente terminare coll'altezza di qualche considerazione nell'ovest, dove formano un'altra catena, che si estende dal libeccio al greco; quale un tempo fu chiamato Monte Massimo, seco gli di cui gioghi ne conduceva il suo esercito Fabio il Cavaliere; ed in generale si chiamano essi monti Caprari da D. Francesco Caraffa; in particolare poi dando principii a libeccio e si appellano S. Maria a Costantinopoli, il Salvatore per una cappella di tal nome; la Rocchetta; Madama Marta; Monte Maiulo; e S. Angelo.
Quest'ultimo è il Picco più considerabile del Circondario, sì per l'altezza ch'è di circa mezzo miglio dal fiume, e sì per una grotta, ch'è dal lato boreale, la quale sembra come un tempio ricoverto di cupola; la lunghezza di tal vuoto è di palmi ottantacinque; la maggiore larghezza di palmi quarantadue; la massima altezza è di circa palmi ventitre; e la minima di sette, e mezzo: è ornata di diverse stalatiti, di una varia grandezza e figura.
E' dedicata essa grotta all'Arcangelo S. Michele; questa da l'adito ad altre grotte inferiori; ma dopo qualche tanto s'incontra dell' acqua e non può andarsi più avanti.
Da questi monti si partono come tante linee formate dalla sommità dei colli dall'occidente all'oriente, che vengono in parte ad unirsi con gli accennati monti di Caiazzo. Dal sud del Monte Massimo si parte una catena di Colli, un tempo detti Callicola, che va a terminare dopo cinque miglia in circa con un basso piano in Tefrisco sul fiume Volturno: e si chiamano i Colli di Formicola, di Bellona, di Gerusalemme, di Palombara, (o sia Sicopoli), e Tefrisco. Le falde orientali di tali colli sono nelle pertinenze di Formicola, e l'occidentali in quello di Camigliano, e Bellona.
Al nord-est di Callicola, tramezzandovi la valle di Formicola, attaccano coll'istesso Monte Massimo i Colli una volta detti Trebolani, e son tirando verso Caiazzo, Trivento, Cerreta, le Forche, e S. Croce; li due ultimi sono in tenimento di Caiazzo. E ritornando indietro a S. Croce si uniscono i monti di Sassa e, di Schiavi che terminano nel detto monte di S. Angelo.
Al lato settentrionale di quest'ultima linea ne viene un'altra, che nei tempi andati erano i monti di Compulteria, e di Saticola, tramezzandovi solo una lunga, ma ristretta montuosa valle, dov'è il Casale di Majorano di Monte, e divide il tenimento di Formicola da quello di Dragone. Principia tal linea dopo circa un miglio al maestro di Cajazza dal Montegrande, ossia Costafredda, cui sussieguono Balsatruda, Castagna dei Fratelli, Monticello del Duca, la Pezza, Pergolaro, Conca, Morrone del Musco, Femina Morta, e Morrone Lungo, ma quest'ultimo appartiene a Statigliano, o sia alla Diocesi di Teano.
Al di sotto del Monte del Duca principia un'altra linea di colline, che va passo passo allargandosi, e quindi forma il Castello di Dragone, la Palera, e Trivolesca in pertinenza di Dragone, e poi S. Pietro, e Cisterna, che sono delle terre di Latina, e Baja. Al nord di Cisterna framezzandovi una stretta precipitosa valle detta Ravecupa viene il colle dell'Angelo, che attacca colla Petrosa di pertinenza di Pietramalara.
Questi sono i Monti di questo Circondario; la maggior parte di essi mostrano l'aspetto di scoscese, e poco, o niente accessibili rupi, pochi di essi son coverti di cerri, ed altri arbori fruttiferi; buona parte compieni di macchie; ed il resto è coverto di sole rocce.
Articolo 2: Fiume
L'unico fiume del Circondario è il Volturno; perchè il Savone, che nasce sotto il Colle di Gerusalemme nei confini di Formicola è di niuna considerazione, ave questo due miglia di cammino; e prima d'imboccarsi nel Volturno da moto a diverse macine di molino.
Il Volturno pertanto ave la sua origine nel Contado di Molise al di sopra d'Isernia; e facendo varj giri dopo il corso di circa ottanta miglia s'imbocca nel Mediterraneo in Castello Volturno, accresciuto di diversi fiumicelli, e dal Calore, che con esso si uniscono.
Chiude il circondario di Cajazzo da tre lati, da borea, da oriente, e da mezzogiorno. La sua profondità è diversa; la mezzana è di circa palmi sei. Il di lui letto ave diversa latitudine; da Baja sino ad Alvignano è largo circa trenta passi; sopra Squilla dopo unito il Calore col Volturno passi cinquantaquattro; la di lui larghezza sotto Cajazzo, è circa passi cinquanta.
Articolo 3: Confini dei Circondarj di Caiazzo, e Formicola
Il Circondario antico di Cajazzo è sito al nord-est di Terra di Lavoro, è quasi ne di lei confini da questa parte, giacchè discosto circa tre miglia dal Matese. Con ragione avrebbe potuto chiamarsi una Penisola, mentre è circondato dal Fiume Volturno dal nord; dando principio dalla Comune di Baja, e calando per quella di Latina, Dragone, Alvignano, e Rajano; lo chiude dall'oriente tirando da Rajano, l'Alvignanello; Campagnano, e Squilla; e quindi lo bagna al sud di Cajazzo fino al Colle Callicola. Viene poi chiuso al libeccio, e ponente da detto Colle, e dal monte Massimo; e finalmente viene terminato al nord dai monti di Statigliano, di Baja, e dal bosco della Petrosa.
E' limitrofo detto Circondario al nord co’ circondarj di Piedimonte, di Cusano, di Cerreto; all'est con quello di S. Agata dei Goti; al sud col Circondario di Caserta, e di Capua; framezzandovi con tutti il fiume Volturno; dall' occidente a maestro confina coi Circondari di Pignataro, e di Pietramalara, mediante gli accennati monti.
Tale era l'antica situazione di detto Circondario; ma oggi, che si è diviso in due la confinazione è senza regola, specialmente pel Circondario di Formicola, in cui viene distrutto ogni ordine, e regolarità topografica; Eccone intanto i confini secondo il presente stato.
Il Circondario odierno di Cajazzo principiando da Dragone e continuando per le Comuni di Alvignano, Rajano, Alvignanello, Campagnano, e Squilla, e nel distretto di Cajazzo, come si è accennato, è chiuso dal Volturno fino al Vallone detto il Rio della Conga, dove principia il Circondario di Formicola; salendo poi per esso Rio dal sud al nord sino al bosco di Strangolagallo, e propriamente nei ruderi di un'antica Cappella di S. Massimo in distanza di circa quattro miglia dalla Città di Cajazzo, confina col distretto di Formicola; e quindi tirando da ponente a levante è limitrofa alle Comuni di Strangolagallo, Sassa, e Villa di S. Croce, Casale di Cajazzo oggi del Circondario di Formicola mediante i monti della Cerreta, delle Forche, e S. Croce, Pozzillo e la strada, che da S. Croce conduce scendendo a Cajazzo sino al luogo detta la Selvetella, cioè meno di un miglio distante dalla Città di Cajazzo; istesso poi si cala pel Pozzillo delle Monache e propriamente per la castagnella dal sud al nord; quindi dal sud-est al maestro tirando pel ponte Fondo di Gennaro detto delle grotte, per Acqua Perdente di Costafredda e di Balsatruda, mediante la valle delle Nocelle, è anche limitrofo alle tre dette Comuni; viene poi diviso dalle Comuni dei Schiavi, e Profeti dai monti dei Schiavi, e dal detto picco di S. Angelo; qui termina per ora di confinare col Circondario di Formicola. Calando poi dalla parte occidentale di S. Angelo dal sud al nord per la costa di Melito, per la Valle di Casa Nuova, e pel Morrone del Musco confina colla
Comune di Statigliano del distretto di Pietramolara; e scendendo per l'elce del Catino, ch'è sulle falde occidentali del monte detto la Trivolesca, pel vallone di Pontemu- rato sin dove s'imbocca nel Volturno, vien separato il Circondario di Cajazzo dalle Comuni di Baja, e Latina, che pure appartengono al Circondario di Formicola; benchè da esso separate da valli e monti precipitosi, che appartengono alla Comune di Majorano di Monte Casale di Dragone.
Il Circondario di Formicola è diviso in due discoste, fra di loro quasi inaccessibili porzioni. La porzione formata dall'antica Baronia di Formicola e dalla Villa di S. Croce Casale di Cajazzo confina col Circondario di Cajazzo istes- so nei termini accennati di sopra; viene poi chiuso dal sud dal piccolo tratto del Volturno, e dal Monte Calligola; dall'occidente viene terminato dal Monte Massimo.
L'altra porzione di esso Circondario formata dalle Comuni di Baja, e Latina è divisa dalla Terra di Dragone, che appartiene al Circondario di Cajazza, dal bosco della Trivolesca, e dal Vallone di Pontemurato; è separata dalla Comune di Statigliano da monti di S. Pietro, e Cisterna; dall'ovest è chiusa dal colle S. Angelo, e dal bosco della Petrosa; finalmente dal nord è bagnata dal Volturno. Ed ecco per quanto permette la brevità i confini d'ambedue i Circondarj.
Articolo 4: Estensione in lunghezza, e larghezza, e miglia quadrate dell'intiero Circondario
Essendo la figura dell'intiero circondario irregolare, com'è irregolare il giro del Volturno, è puranche irregolare la di lui lunghezza, e larghezza; e così anche poco certa la misura in miglia quadrate; eccone pertanto la più approssi- mata. Tirando una linea dal sud-est al nord-ovest, cioè da Campagnano ai confini occidentali della Terra di Baja, radendo quasi il fiume è lungo esso Circondario circa miglia sedici. Nella linea poi meridionale quasi parallela alla prima dalle radici del monte di Paterno sul fiume in pertinenza di Squilla fino all'estremità occidentale del Picco di S. Angelo ha di longitudine circa miglia nove. Può quindi dirsi essere la longitudine media di miglia sedici. La mezzana latitudine dal sud-ovest al nord-est, cioè dalla Scafa di Cajazzo, volgarmente di Caserta, a quella di Alvignano è circa miglia quaranta; e tutto il suolo di novantasei miglia quadrate.
Articolo 5:
1 - Della origine topografica dei Paesi, e Comuni.
2 - Prodotti, ed industria principali.
3 - Distanza di ogni Comune dalla loro centrale,e dalla Città di S. Maria di Capua.
4 - Popolazione di ogni Comune.
5- Gli antichi loro rapporti feudali; ed il modo erano governate sotto l'espulsa Dinastia.
Numero 1: Campo, Casali, Castelli.
1. Cajazza, ch'è la centrale del Circondario, è residenza del Giudice di Pace, ma giace al nord della Città di Napoli, sita su due già accennate colline, al libeccio di quella detta le Fosse, ed all'occidente delle falde del Castello, si vede essa fabbricata in un eminente, ed aperto sito, forse il migliore della Provincia, circondata da diverse amene colline interrotte da piccole, ma deliziose valli. Gode benchè in mezzo dei monti della dilettevole vista delle marine di Patria e Mondragone.
2. I prodotti di questo circondario per rapporto ai luoghi montuosi consistono in scarsa quantità di legumi, di grano, e di granone; i terreni poi delle pianure, che sono per la maggior parte di miglior qualità producono in maggiore abbondanza i generi di prima necessità. In Cajazzo, e Casali vi sono delle foreste, dei vigneti, ed oliveti, che danno una tale quale quantità di mediocri vini, per lo più bianchi; e di eccellenti olii, l'industria principale dei Cajazzani è l'agricoltura.
3. La Città di Cajazzo è circa miglia otto distante da S. Maria di Capua, e ventidue, ad un tempo da Napoli; le strade son nuove, ma di poco durata, perchè non si rijattano.
4. Il numero degli abitanti della sola Città consiste in 3065 dei quali 1565 sono maschi, e 1500 femmine.
La Città di Cajazzo con Casali, e Castelli apparteneva al Marchese Corsi Salviati di Firenze; questi eliggeva il Governatore della Città, e Casali, e l'università gli dava l'onorario di duc: sei al mese, perchè era Baronessa, e proventava; nei Castelli poi proventava l'istessa Camera Baronale. Si eliggevano per la Città, e pel piccolo Casale di Cesarano quattro eletti, o siano governanti, ed un Giudice di Bagliva; in ciascuno poi degli altri Casali, e Castelli, governavano il Pubblico due soli Eletti.
Casali Contiene la Città di Cajazzo quattro Casali, o siano Villaggi, e sono Cesarano; SS. Giovanni e Paolo; la Villa di S. Croce, e la Piana.
Cesarano Cesarano è sito a mezzogiorno della Città alle radici dei di lei Colli, circa mezzo miglio da essa discosto, e meno di un quarto di miglio dal fiume. Fa una Comune con Cajazzo; comprende anime 218 oltre quelle della Città.
SS. Giovanni e Paolo
Il Casale dei SS. Giovanni e Paolo giace al sud-est di Cajazzo in distanza poco più di un miglio. Sta egli edificato su di un ameno colle; e la di lui figura è di un asse di ruota di ammolare ferri. Forma oggi Comune a parte, e contiene 594 anime.
Villa di S. Croce
Il Casale di Villa di S.Croce Montisverne è sito quasi alla sommità del monte di tal nome dalla parte boreale, ed orientale; è all'occidente di Cajazzo, da cui è discosto meno di due miglia, è lontano poi dalla nuova centrale di Formicola miglia 11 dovendosi calare per Cajazzo; perchè la strada dei monti non può praticarsi d'inverno, e contiene anime 344. L'industria principale degli abitanti è di far carboni. Oggi appartiene esso Casale al Circondario di Formicola; credo per errore topografico.
Piana La Piana è un Casale sito al sud-ovest di Cajazzo alla distanza di due miglia dalla medesima. Comprende otto piccoli Villaggi, poco discosti gli uni dagli altri; posti quasi in giro intorno alle falde meridionali di S.Croce. Contiene 1203 abitanti; la maggior parte dei quali sono coloni di Campagna.
Tutti detti Casali prima della formazione dei Circondari costituivano una Comune con Cajazzo, ma oggi eccetto Cesarano fanno Comune a parte.
Castelli Nel tenimento di Cajazzo oltre agli accennati Casali vi sono quattro altri Villaggi coll'antica denominazione di Castelli, e sono Squilla, Campagnano, Alvignanello, e Rajano.
Squilla Il Castello di Squilla composto di poche vecchie abitazioni, giace al sud-est di Cajazzo. E' sito su di un rialto di tassarone, e tufo, che domina immediatamente il fiume, che vi scorre di sotto al sud-est. E' distante da Cajazzo circa miglia cinque. Gli abitanti ascendono al numero di 350. Era nella passata dinastia assieme cogli altri due castelli di Campagnano, ed Alvignanello governato da un Governatore posto, dall'Agente del Marchese di Cajazzo.
Campagnano Campagnano è sito alle radici dei monti Calatini orientali, al di loro mezzogiorno; è lontano dal fiume circa due tiri di fucile; cinque miglia da Cajazzo verso oriente; e due miglia da Squilla. In questo Castello esistono anime 344.
Alvignanello Dopo meno di due miglia tirando verso borea sull'istesso Volturno si trova il Castello di Alvignanello composto di poche vecchissime case; è sito su di un piccolo rialto assai vicino al detto fiume: è pur all'oriente estivo di Cajazzo, da cui è distante circa miglia cinque. Vi sono abitanti 297.
Rajano Rajano è bensì vicino al Volturno, ma più distante degli accennati tre Castelli; Esso giace all'occidente di Alvignanello nella distanza di poco più di un miglio: è al Greco di Cajazza, da cui è lontano tre miglia. E' fabbricato su di una bassa collina composta di tufo nero, circondata da un profondo vallone; e si trova quasi in un fosso, perchè gli fanno come corona più alte colline. In Rajano, e sue massarie si contano 644 individui. Era amministrata la giustizia nella passata dinastia da un Governatore eletto dall'Agente del Marchese Corsi.
Numero 2: Terre di Alvignano, e Dragone
Il Presente Circondario di Cajazzo, oltre lo stato di esso comprende due altre Baronie, o siano Terre, cioè Alvignano, e Dragone, che descriveremo colla medesima brevità.
Alvignano 1. La terra di Alvignano giace al nord-ovest di Cajazzo alle radici boreali degli accennati monti di Alvignano, e Dragone, un tempo detti di Combulteria un miglio, e mezzo al di sopra del fiume. Viene essa formata da undici piccoli villaggi, poco discosto l'uno dall'altro, e disposti in una linea serpeggiante dal sud-est al nord-ovest. E' limitrofo il suo tenimento con quello di Cajazzo, e di Rajano dall'oriente, con quello di Dragone dal sud e dall'ovest, e col fiume Volturno da borea.
2. I prodotti principali di essa Terra, e di quella di Dragone consistono in grano di mezzana qualità, in ottimo granone, pochi legumi, ed altri generi di prima necessità. Vi sono pochissime industrie di animali vaccini, di capre, e di porci e pochi individui di esse Comuni fanno qualche commercio con povere vettovaglie nei mercati di Caserta, e di S. Maria di Capua.
3. E discosta essa Terra circa miglia cinque da Cajazzo, e tredici da S. Maria di Capua.
4.Contiene 2061 Abitanti. Nella passata Dinastia amministrava la Giustizia in ambedue dette Terre un Governatore eletto dal Principe di Piedimonte a cui appartenevano; e l'università era amministrata da due Eletti o Giudici, e da un Giudice di Bagliva.
Dragone 1. La terra di Dragone è posta al nord-ovest di Cajazzo e di Alvignano alla distanza di un miglio dall'ultimo villaggio di questa. Viene formato da sette Casali, cioè S. Marco, Aschetini, Chiaio, S. Giorgio, Pantano, e Trivolischi, e Majorano di Monte, da cui dipendono due altri piccoli villaggi detti Marciano Freddo e Montaniccio. I sei primi Casali sono situati alla parte boreale dei monti di Dragone, e formano quasi una linea curva, la di cui concavità seconda i monti. Il Casale di Majorano è fabbricato due miglia al di sopra di Dragone verso il sud dentro una valle poco larga, ma molto estesa formata, come si è detto parlando dei Monti, dalla sommità dei monti di Formicola da mezzo giorno, e dal nord dalle Vette dei monti di Alvignano, e Dragone. Marciano Freddo, e Montaniccio sono circa un miglio discosti da Majorano all'oriente di esso, e quattro miglia da Cajazzo, siti su un sassoso, ed aprico colle.
Il tenimento di Dragone dall'est confina con Rajano, e Cajazzo, al sud col Circondario di Formicola, e dall'occidente colla Comune di Statigliano, dal nord-est colla comune di Latina (oggi del circondario di Formicola) e da borea col fiume Volturno, da cui è discosto circa un miglio.
2. I prodotti, e l'industria sono l'istesse di Alvignano, se non che in Majorano le produzioni consistono in poca frutta, e castagne, e pochi generi di prima necessità. Sussistono in generale quegli abitanti con tagliar legna, far carboni, e riporre anche della neve.
3. Dragone è distante circa otto miglia da Cajazzo, e miglia sedici da S. Maria di Capua.
4. I Casali uniti di Dragone senza Majorano contengono Anime 1225 e Majorano 504. Sicchè tutto Dragone fa individui 1729.
5. Come si è detto Dragone con Alvignano avea un solo Governatore. L'università era amministrata da tre Eletti due di Dragone, e uno di Majorano. Questo per rapporto al Circondario di Cajazzo; si dirà cosa anche del nuovo Circondario di Formicola.
Articolo 5: Circondario di Formicola
Numero 1: Formicola, e Casali
Il nuovo Circondario di Formicola contiene la Baronia di Formicola, che costa di Casali, e Castelli, e la Baronia di Baja, e Latina, separata, e dissita, ne si è detto, da quella di Formicola: di tal Circondario esporremo ora l'occorrente.
1. La terra di Formicola, ch'è la centrale del Circondario di questo nome, è all'occidente di Cajazzo, da cui è lontana circa otto miglia. E' edificata in una amena valle; formata dal monte Callicola dal sud, dal monte Massimo dall'ovest, dal colle Trebolano al nord e da una picciola bassissima collina detta Monticello dall'est.
2. I prodotti tanto delle pianure, che dei luoghi montuosi sono l'istesso, che nel Circondario di Cajazzo; ma Formicola è assai più abbondante di ogni genere di eccellente frutta. La principale industria è anche la stessa.
3. Questa Terra è circa otto miglia discosta da S. Maria di Capua.
4. Formicola contiene 1269 individui, e quattro suoi casali 626; che in tutto sono anime 1895.
5. La Baronia di Formicola era posseduta dalla famiglia Carafa, dei Duchi di Tolva; Principi di Columbrano, e Formicola; questi eliggeva il Governatore che esercitava la sua giurisdizione nella Baronia tutta ma il Giudice delle Seconde era di Cajazzo. L'università era amministrata da due eletti; come lo erano puranche gli altri Castelli da essa Baronia dipendenti.
Casali All'occidente di Formicola sul pendio orientale del monte sono situati cinque Casali della medesima e sono i Medici, Anduni, Cavallari, e Fondola, e Croce.
Medici Il Casale dei Medici, unito al piccolissimo villaggio della Cava, è sito un quarto di miglio al di sopra di Formicola.
Auduni Poco più sopra è il casale degli Auduni; contengono ambedue anime 306.
Cavallari e Fondola
I Cavallari, e la Fondola sono fabbricati in un sito superiore ai due primi; esistono in essi anime 320.
Croce Poco più sopra è il piccolo Casale di Croce, il di cui spirituale appartiene e Pignataro.
Tutti questi Casali fanno una Comune con quella di Formicola.
Treglia, che si vuole anche casale di Formicola, fu edificato sulle ruine dell'antica Trebula; ne giace al sud-est di essa Terra alla distanza di più di due miglia; è molto superiore di Formicola e posto in mezzo ai monti al di loro mezzogiorno.
Al sud di questo Casale vi sono in poca distanza due piccoli villaggi, Casalicchio, e Resignano. Tutti contengono anime 530.
Le produzioni di questi casali consistono in pochi generi di prima necessità. Gli individui di Treglia per lo più s'industriano in far carboni.
Numero 2: Castelli
Pontelatone Il Castello di Pontelatone è situato all'oriente di Formicola, da cui è discosto circa due miglia, e sei da S. Maria di Capua: è posto in luogo assai basso, e circondata da un profondo Vallone; al sud di esso vi sono due piccoli villaggi, Funari, e Marzi, che in tutto contengono anime 268. le produzioni, e l'industria sono l'istesse, che in Formicola.
Schiavi 1. Il Castello di Schiavi su’ monti di Formicola dalla parte di greco, in una picciola pianura, che tiene dal nord la sommità di detti monti.
2. Le produzioni di questo, e dei susseguenti castelli consistono in scarsa copia di generi di prima necessità; vi si raccolgono anche delle mele, e castagne. L'industria principale è di far carboni, e riporre neve.
3. E' distante meno di quattro miglia da Formicola, e circa dodici da S. Maria.
4. I Schiavi con altro piccolo suo casale detto la Villa contiene anime 608.
Merangeli Il Casale di Merangeli è sito al sud-ovest di Schiavi, distante da esso meno di un quarto di miglio. Fa anime 274.
Profeti I Profeti casale pure di Schiavi, al di lui occidente, è discosto da esso circa un miglio. E' situato alle falde meridionali della cima dei monti di Formicola, alle radici del picco di S. Angelo. Gli abitanti ascendono al numero di 234.
Cese Il Casale delle Cese è sito circa un miglio al di sopra di Treglia, e mezzo miglio al di sotto di Schiavi; al mezzogiorno del colle dei Merangeli. Contiene individui 156.
Sassa, e Casali
Il Castello di Sassa all'oriente dei Schiavi a distanza di poco più di un miglio, ed al greco di Formicola da cui è discosto circa miglia quattro.
E' fabbricato su di un'orribile precipitosa rupe di pietra viva; è accessibile da una sola parte. Comprende un piccolo villaggio detto l'Arbusto. Fa anime 365.
Preja Il Casale di Preja è sito al sud-ovest di Sassa dopo circa un miglio, e sotto alle sassose falde orientali del monte Frigento. Contiene anime 297.
Cisterna Il Casale di Cisterna sta al mezzogiorno di Preja un miglio al di sotto, ed altrettanto discosto da Sassa. Vi sono anime 102.
Strangolagallo Il Castello di Strangolagallo è posto all'oriente di Cisterna meno di un miglio distante; e circa quattro da Formicola, ed undici da S. Maria. E' sito in mezzo dei monti, ed assieme con un piccolo solo casale contiene anime 388.
Villa di S. Croce
Della Villa di S. Croce se n'è detto cosa parlando di Cajazzo, di cui è casale. E' discosto da Formicola dovendosi passare per Cajazzo più di miglia dieci.
Numero 3: Terre di Latina, e Baja
Il Circondario di Formicola, come si è detto, oltre lo Stato di essa comprende ancora le Comuni di Latina, e Baja; benchè da essa divise mediante una buona porzione del Circondario di Cajazzo.
Latina 1. La Terra di Latina è composta di sei piccoli Casali, o Villaggi tutti sono posti a borea dei monti di essa Latina, un miglio, e mezzo sopra al Volturno; il primo di essi detto Contra sito nel piano, un miglio discosto dall'ultimo casale occidentale di Dragone; dopo tre tiri di fucile si trovano gli altri quasi tutti uniti; il Castello, e Vicinato sono in un sito un poco elevato alle radici di un colle, su cui esistono le rudera di un antico piccolo Castello.
2. Le produzioni sono l'istesse, che in Alvignano e Dragone, ma in più scarsa quantità.
3. E' distante Latina circa miglia otto da Formicola facendo la strada dei monti, che d'inverno spesso è intrafficabile; tanto che, i naturali per andare a Formicola vengono per Cajazzo, da cui è discosta detta Terra undici miglia; sicchè si può dire la distanza dalla presente centrale circa miglia 17 quanto è distante da S. Maria girando per Cajazzo.
4. Contiene essa Terra di Latina anime 459.
5. Nell'esclusa Dinastia veniva Latina e Baja governata da un Governatore postovi dal Barone di esse Terre D. Pasquale Sanniti, a cui appartenevano e ciascuna delle loro università era amministrata da due Eletti, o Sindaci.
Baja
1. La Terra di Baja, ch'era la più dissita del Circondario di Cajazzo; ed oggi di Formicola, è fabbricata alle radici orientali di un'altro Colle detto l'Angelo, ch'è continuazione dei monti della Petrosa; sta un miglio e mezzo più al di sopra del fiume Volturno al maestro di Latina, ed a borea di Formicola.
2. Le produzioni, e l'industria sono l'istesse, che di Latina.
3. La distanza da Formicola, da Cajazzo e da S. Maria è un miglio di più, che quella di Latina.
4. Contiene individui 538. Il modo del governo era pur l'istesso di Latina.
Questo è quanto in breve per eseguire gli ordini ricevuti si è potuto dire.
[1] Sulla diocesi di Caiazzo cfr. DI DARIO B., "Notizie storiche della città e diocesi di Caiazzo", Lanciano, Carabba, 1941; FARAONE G., "Notizie storiche e biografiche della città e diocesi di Caiazzo ad uso delle scuole primarie locali", Napoli, Faraone, 1899; BIANCHI R., "Ragguaglio della memoria umiliata al re nostro signore per la reintegrazione del vescovado di Cajazza", Napoli, De Frilli Criscuolo, 1831; U.C.D., "La chiesa di Cristo in Alife e Caiazzo", Piedimonte Matese, La Bodoniana, 1984.
[2] cfr. MARROCCO D., "Documentazione storico-liturgica su S. Stefano di Caiazzo", in Annuario ASMV 1981, Napoli, Laurenziana, 1982, pp. 91-104.
[3] Legge 19 gennaio 1807 n. 14 "Per la Circoscrizione dei governi del regno", in Raccolta delle leggi e decreti del regno di Napoli, anno 1807, tomo I. Cfr. pure DE FRANCESCO D., "La provincia di Terra di Lavoro oggi Caserta nelle sue circoscrizioni territoriali e nei suoi amministratori a tutto il 1960", Caserta, Amministrazione Provinciale di Caserta, 1962.
[4] Legge 2 agosto 1806 n. 130 "Con cui si abolisce la feudalità", in Raccolta delle leggi cit., anno 1806, tomo II.
[5] I Corsi comprarono i feudi di Caiazzo, Ducenta, Milizzano, Squille, Campagnano e Alvignanello, nel 1615, da Giulio Cesare de Capua. Raiano fu venduto ad essi, nel 1640, da Cesare Mazziotta. cfr. DI DARIO B., op. cit., p. 114.
[6] cfr. MARROCCO D., "Note storiche sulla contea di Alife", in Annuario ASMV 1975, Napoli, Laurenziana, 1975, p. 139. Detti feudi furono comprati dai Gaetani, nel 1671, dopo essere stati devoluti alla R. Corte per la morte del marchese Ottaviano Capece senza legittimi successori. cfr. RICCIARDI R. A., "La sistemazione dei demani del comune di Alvignano. I. Selvapiana e Selvaspinosa - demani ex feudali della casa Laurenzana", Piedimonte D'Alife, La Bodoniana, 1922, p. 8.
[7] cfr. MARROCCO D., "Guida del Medio Volturno", Piedimonte Matese, ed. ASMV, 1986, p. 25.
[8]Questi feudi erano pervenuti a Domenico Marzio, unico erede di Diomede Carafa, nel 1805, e furono pretesi da Francesco Saverio Carafa, principe di Colubrano e barone di Formicola, che ottenne l'assenso regio e ne venne in possesso nel 1807. cfr. FUSCO G., "I Carafa di Maddaloni e la Baronia di Formicola", in archivio storico di Terra di Lavoro vol. IV, Caserta, La Buona Stampa, 1975, pp. 99-101. I Carafa ottennero la baronia di Formicola nel 1465 per concessione di Ferrante I d'Aragona. Cfr. FUSCO G., op. cit., in Archivio storico cit., vol. I, Caserta, 1956, p. 257.
[9] "Capitoli dell'Assisa o Statuti della città di Caiazzo raccolti da Niccola Alianelli", traduzione e note a cura di DIANA G. e MONTANARI R.", Caserta, Giovis, 1992, p. 13
[10] cfr. MARROCCO D., "Piedimonte Matese", Piedimonte Matese, ed. ASMV, 1980, p. 93.
[11] cfr. IADONE P., "Statistica", riportata in appendice. In effetti, per quanto riguarda Caiazzo, Piana e San Giovanni e Paolo, benché eleggessero propri eletti, stando ad una lettera conservata nell'Archivio di stato di Caserta, Intendenza Borbonica, Ponti e Strade, datata 20 ottobre 1807, indirizzata dal Sindaco della Comune di Caiazzo all'Intendente di Terra di Lavoro "hanno da tempo immemorabile formato sempre una sola università, ed hanno avuto sempre un solo territorio comune, ed indiviso tra esse; facendo però economia separata, e ratizzati li fuochi, li beni si accatastavano in quella Comune, dove abitavano i Proprietarj".
[12] Legge 8 agosto 1806 n. 132 "Sulla divisione ed amministrazione delle provincie del regno", in Raccolta delle leggi cit., anno 1806.
[13] Ivi, Titolo IV. Gli interessi della università venivano trattati dal decurionato, eletto tra i capi famiglia compresi nel ruolo delle contribuzioni. I decurioni nominavano, mantenendo la loro consuetudine, gli eletti, dei quali uno diveniva sindaco, incaricato quindi dell'amministrazione propriamente detta, che incamerava tutte le funzioni e le attribuzioni di competenza in passato degli amministratori dell'università. Gli altri due eletti, previsti, avevano l'uno incarico esclusivo di polizia municipale e rurale, e l'altro era eletto assistente del sindaco. La normativa circa la formazione dei Consigli decurionali fu emanata con la legge 18 ottobre 1806 n. 211 "Con cui si ordina la forma- zione de' decurionati, e consigli provinciali, e distrettuali", in Raccolta cit.
[14] cfr. Legge 8 agosto 1806 cit. I distretti furono stabiliti con la legge 8 dicembre 1806 n. 272 "Che determina i distretti del regno", in Raccolta cit.
[15] Legge 19 gennaio 1807 n. 14, cit. cfr. pure DE FRANCESCO D., op. cit., p. 27.
[16] Ivi.
[17] Per disposizione della legge 20 maggio 1808 n. 156 "Con cui si riforma il sistema di elezione de' corpi rappre- sentativi, e degli amministratori de' comuni", in Raccolta cit. anno 1808, i comuni riuniti andavano ad eleggere un solo decurionato proporzionato in base alla popolazione dei singoli comuni.
[18] cfr. documentazione esistente presso l'Archivio di Stato di Caserta (da ora A.S.C.), Intendenza borbonica, Ponti e strade, cfr. pure DE FRANCESCO D., op. cit., p. 39.
[19] Legge 20 maggio 1808 n. 140 "Che contiene l’organizzazione giudiziaria", in Raccolta cit.
[20] Cfr. "Notamento delle Comuni, che compongono la Provincia di Terra di Lavoro, secondo le rispettive giustizie di Pace", in A.S.C, doc. cit.
[21] Lettera del 21/9/1809, in A.S.C., doc. cit.
[22] Il Progetto fu sottoposto ai Procuratori Regi i quali lo restituirono corredato dalle eventuali modifiche, cfr. Lettera del Procuratore Regio indirizzata all'Intendente di Terra di Lavoro, in A.S.C., doc. cit.
[23] Cfr. Decreto 4 maggio 1811 n. 922, in Raccolta cit., anno 1809.
[24] Storico caiatino (Dragoni 1762 - Caiazzo 1838) la cui produzione è ancora in massima parte inedita. Per una biografia dell'A. cfr. per tutti RUSSO M., "Breve Statistica di Alvignano di Pasquale Iadone", in Annuario ASMV 1991, e bibliografia in esso citata.
[25] L'opera è contenuta in un manoscritto una volta conservato nella biblioteca di Caiazzo. Il testo è stato trascritto nella forma originale da una fotocopia ricevuta dal compianto Mons. A. Campagna. A mio parere l'opera non necessitava di un'edizione critica in quanto pressoché priva di errori che potessero falsarne la leggibilità. Le poche citazioni da altre fonti, a volte approssimative, sono infatti ininfluenti sul contenuto dell'opera.
N.B.: LE NOTE SONO COMMENTATE DALLO STORICO CAIATINO NICOLA SANTACROCE CHE HA PUBBLICATO SULLA SUA OPERA "I SINDACI DI CAIAZZO" LA DESCRIZIONE DEL CANONICO IADONE