1860. La battaglia di Caiazzo. Garibaldi amava la città


Importante il ruolo che ebbe anche il piccolo Comune di Piana di Caiazzo. La gente del posto foraggiò a più riprese i garibaldini esausti
Garibaldi, partendo per la Sicilia e le altre zone conquistate, per riportarvi mediazione ed ordine, calmando così i torbidi che colà sorgevano, a causa dei continui cambiamenti in atto, aveva consigliato a Turr di operare in modo da ottenere i seguenti risultati: Non permettere al nemico di prepararsi riposando e fortificandosi in vista della prossima battaglia, produrre azioni di disturbo nei territori nemici, inviando in quelle zone piccole formazioni garibaldine affinché vi operassero direttamente o con l'ap­poggio di squadre locali favorevoli all'azione delle camice rosse. Attraverso tali azioni si sarebbe fatto il possibile per conoscere armamenti, piani, locazioni e consistenza difensiva ed offensiva del nemico. Anche i Borbonici, con gli stessi intenti, mossero in più occasioni contro le postazioni garibaldine. Attacchi del genere furono sferrati a Santa Maria Capua Vetere, San Tammaro e Sant’Angelo in Formis. Non poche volte per ricacciarli si dovette ricorrere ad assalti alla baionetta. Turr, in seguito a tali iniziative nemiche, si era convinto che esso avrebbe potuto attaccare intorno al giorno 19 perciò per quella data allertò tutta la linea. Man mano che passava il tempo in Turr, oltre che rimanere forte il dubbio su un possibile attacco borbonico, si radicò l'idea che a S.Maria, S.Tammaro e S.Angelo, si sarebbe potuto inscenare un finto attacco contro i borbonici, mentre il vero attacco sarebbe stato sferrato contro Caiazzo, che una volta in mano garibaldina avrebbe rafforzato enor­memente le posizioni dei volontari. Fermo in questo progetto, il 18 Settembre fu fatto pervenire ai Comandi delle linee interessate il preallarme ed i piani operativi. Rustow, nominato Capo di Stato Maggiore, con la Brigata Milano da S.Maria, La Brigata Eber da S.Angelo e la Spangaro da S.Tammaro dovevano muovere compatte su Capua. Per l'azione contro Caiazzo, fu incaricato il Maggiore Cattabeni ed i suoi Cac­ciatori di Bologna, una sezione di artiglieria, ed una Compagnia del Genio. Deboli elementi rispetto all'impresa che si intendeva compiere, ma si pensava di appoggiare tale operazione con l'intervento di altre forze. Il mattino del 19 Settembre le forze garibaldine mossero contro Capua. Le cose andarono così bene, quando da S.Tammaro, SPANGARO, La Brigata Milano sulla direttiva S.Maria - Capua e la Eber da S.Angelo, che in tutti si materializzò l’impres­sione che la stessa fortezza di Capua stesse per capitolare. L'attacco, cosi, da dimostrativo divenne incandescente e già i Garibaldini erano pres­so le porte della fortezza, quando i Borbonici, tirato su il ponte levatoio con i propri cannoni, dai torrioni, vomitarono un fuoco micidiale contro di essi. Rustow ordinò immediatamente la ritirata, che avvenne nel massimo ordine favorita dalle forze di sostegno. Un certo sbandamento vi fu solo nella Brigata Puppi, quando fu visto dai suoi cadere, colpito al petto da cavallo. Il Maggiore Puppi fu raccolto dai servizi sanitari borbonici, appena fuori dalla porta della città, dove mori, a causa della gravità della ferita, il mattino dopo.
Vacchieri salvò Cattabeni dall'ira dei caiatini che gridarono "Viva Maria!"
Mentre ciò avveniva in questo tratto di fronte, il Maggiore Cattabeni, attraversato il Volturno, con le sue forze, giunse sullo sperone di Caiazzo e ne scacciò la sparuta guarnigione borbonica che la presidiava, in quanto la maggior parte di essa era corsa precipitosamente a Capua all'annuncio della lotta, che colà era divampata. Appena i Borbonici vennero a capo dell'offensiva contro Capua, rendendosi conto di quanto accadeva a Caiazzo e l'importanza della perdita di quella roccaforte, vi avviarono 2 Battaglioni di Cacciatori, alcuni squadroni di cavalleria e 2 batterie da 8 pezzi. Intanto Garibaldi, ritornato dal suo viaggio, alle notizie di quanto accadeva, intuì immediatamente la gravità della situazione in cui si trovava Cattabeni con le sue forze. Si decise di tentare di mantenere la posizione e di inviare rinforzi. Si pensò alla Brigata Medici, che tuttavia non si rendeva disponibile nei tempi richiesti; pertanto fu inviato in soccorso il 2° Reggimento del Colonnello VACCHIERI. Cattabeni che non aveva mezzi sufficienti neanche per opporsi ai locali che l'osteggiavano, attaccato frontalmente e battuto dall'artiglieria nemica, che i due suoi can­noni non riuscivano a contrastare e molestato alle spalle dai Caiatini al grido di “Viva Maria” fu costretto a ritirarsi verso il fiume. Il Vacchieri, che era giunto sulle alture prossime a Caiazzo, all’altezza di Piana di Monte Verna aveva contrattaccato fermando per un po' l'avanzata nemica; ma poi anche i suoi furono costretti a battere in ritirata verso il fiume in piena per le acque cadute nei giorni precedenti. Solo 400 dei 1200 uomini ritornarono sul lido amico. Buona parte della truppa peri nelle acque vorticose del fiume. Parecchi furo­no salvati dai Borbonici che non esitarono a gettarsi in quelle acque per aiutarli. Molti si posero e si pongono domande sul perché e sul percome, Garibaldi, assai amico del Cattabeni e ben conscio della situazione pure non gli chiese di rientrare quando ancora lo poteva. L'interrogativo rimarrà per sempre anche se si può avan­zare l'ipotesi che assai probabilmente l'ordine non poteva venire perché Garibaldi era solito riconoscere le cose fatte valorosamente e certo non fu una passeggiata quella del Cattabeni. E poi bisogna pur valutare che l'importanza strategica di Caiazzo era troppo van­taggiosa se si fosse riusciti a tenerla e questo non sfuggiva certamente al Generale. Intanto il Colonnello Csudafay che si era infiltrato alle spalle del nemico ed operava tra Solopaca, Vairano e Marzanello con l'intento di creare gruppi armati in quell'area, pressato dallo stesso, dopo gravi perdite, riattraversò il Volturno e rien­trò a Maddaloni.
Alcuni risvolti a Caiazzo:
I feriti di Caiazzo furono ricoverati nella Canonica. L'altruismo e l'impegno del Ve­scovo, Mons. Luigi RICCIO, evitarono che i Borbonici li passassero per le armi.Racconta il cappellano dell'8° Cacciatori, Don Giuseppe BUTTA' che più di 40 Borbonici e lui stesso si buttarono nelle acque vorticose del fiume per tentare di salvare i Garibaldini in difficoltà.Il maggiore CATTABENI con i suoi Cacciatori di Bologna, approfittando appieno della manovra diversiva sul fronte centrale, riuscì senza troppe difficoltà ad occupare la for­tezza di Caiazzo.Quando le cose si calmarono a Capua, il Comando Borbonico si rese immediatamente conto di quanto era successo ed immantinente organizzò le manovre più atte per ricon­quistare la perduta fortezza. Le forze del Generale Colonna erano di molto superiori a quelle Garibaldine, per cui la situazione di Cattabene apparve subito preoccupante. Occorrevano rinforzi a quel prode. Sarebbe stato necessario inviare colà buona parte della divisione Medici, ma il generale aveva le sue gatte da pelare a S.Angelo. Si risolse di mandare allora il 2° reggimento del Colonnello VACCHIERI con la speranza di avere poi più tempo per rafforzare quella splendida posizione conquistata. Le cose non andarono secondo i desideri di Turr e Garibaldi, che intanto era tornato da un suo viag­gio a Palermo. I Garibaldini si difesero ed attaccarono, ma alla fine dovettero ritirarsi. Nel guadare il fiume, ingrossato dalle piogge dei giorni 20 e 21 Settembre, molti di loro perirono. Molti furono salvati dai Borbonici, che secondo il loro cappellano, Buttà si gettarono nelle acque vorticose per aiutarli.
Nelle immagini sopra la valle del Volturno scenario della battaglia e sotto da sinistra Garibaldi sulle colline tra Pontelatone e Sant'Angelo in Formis osserva mentre la battaglia è in corso. A destra il vescovo della Diocesi di Caiazzo Luigi Riccio

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